Operazione "Raìs", smantellata rete di "mercanti di uomini" tra Italia ed Egitto

foto: indiatalkies.com
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Messina, 22 maggio 2012 – Un tir è appena stato fermato sull'autostrada A18 dalla Polstrada di Giardini Naxos. A bordo, oltre al conducente ed un passeggero, nel rimorchio vengono trovati ottantaquattro migranti provenienti dall'Africa. È il 24 luglio 2010.
Tre mesi dopo, il 25 ottobre, la Guardia di Finanza ferma un barcone carico di migranti e diretto a Riposto, nel catanese.
Inizia così l'operazione, denominata “Raìs”, coordinata dalla Procura messinese e portata avanti dalla Squadra Mobile di Messina in collaborazione con le mobili di Ancona, Catania, Siracusa, Milano e Roma ed il Servizio Centrale Operativo e che ha portato, per il traffico di migranti di luglio, all'arresto di Pierpaolo Corsini, 55enne conducente del tir e dipendente della ditta “Michalis”, interessata all'ambito dei trasporti internazionali tra Italia e Grecia.

A capo dell'operazione, secondo le ricostruzioni dei migranti e di alcuni scafisti che hanno poi iniziato a collaborare con le forze dell'ordine, c'era Mohamed Mohamed Abd Rabbo, alias Mohamed El Shiek o “Batraman”, 27enne egiziano ritenuto dagli inquirenti a capo dell'organizzazione, rimasta sconosciuta per almeno un decennio.
Gli altri arrestati nei giorni scorsi sono gli egiziani Mohamed El Sobhy, 26enne conosciuto anche con il nome di Mhamad Nabil; Zakaria El Sayed Attia El Sobhy, 42enne; Mohamed Mohamed Rabie Abdel Aal, 27 anni; Monir Morsi Mohamed Morsi, 31 anni; Mohamed Shalpy Gaurpa Fathi Abdelkader, 47 anni; Reda Gharib, 25 anni nonché gli italiani Massimo Greco, 26 anni, nato a Giarre; Salvatore Greco, 57 anni di Acireale e Fabio Fanizza, anch'egli di Giarre. Tutti e tre risiedevano a Mascali, nel catanese. A luglio, oltre al conducente del tir, vennero arrestati anche gli egiziani Maher Ali Ouda, 32enne residente a Milano; Adel Riad Said Gouhar, 51 anni e Shokry Adovelnaser Mohamedhagag, 28 anni entrambi residenti a Roma. Quest'ultimo – che gli inquirenti hanno descritto dall'aspetto curato, con abiti di buon taglio e capace di parlare un fluente italiano di cui è stato accertato il ruolo di spicco nell'organizzazione – a luglio, in fuga, chiese un passaggio ad una civetta dei carabinieri a Taormina in cambio di cinquanta euro, praticamente spiccioli se paragonati ai guadagni derivanti da tale traffico. È lui, dicono gli inquirenti, ad aver organizzato e gestito il trasporto dei migranti – partito dalla città di Wadyalnatron, nella zona desertica a nord dell'Egitto – ed il loro ingresso sul territorio italiano.

Destinazione finale Roma, dove i migranti sarebbero stati abbandonati al loro destino. Il loro viaggio in Italia si è però fermato a Crotone, dove molti di loro sono stati rinchiusi nel Centro di Identificazione ed Espulsione per poi essere rimpatriati insieme ad altri duecento migranti, tutti o quasi arrivati in Italia attraverso il gruppo di “Batruman” che, secondo le ricostruzioni fatte dagli inquirenti, riusciva a realizzare un viaggio ogni dieci giorni. Partiti dall'Egitto, caricavano sui barconi un centinaio di persone per poi sbarcare sulle coste siciliane o calabresi. Quattro, fino ad ora, gli sbarchi accertati e riferibili al gruppo. Non quantificabili quelli “invisibili”.

Il reato contestato è quello di appartenere ad un'associazione a delinquere di tipo transnazionale dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina ed al sequestro di persona a scopo di estorsione.

Il viaggio dei migranti cominciava – come quasi sempre accade in questi traffici – con la stipulazione di un contratto tra migranti e trafficanti, con un costo che oscillava tra i 6.000 e gli 8.000 euro per ogni migrante. In questo caso, però, a pagare non erano direttamente i viaggiatori ma le loro famiglie, e solo una volta che la destinazione fosse stata raggiunta.

«Alcuni collaboratori» - ha detto il Procuratore capo di Messina, Guido Lo Forte - «hanno rivelato che l'organizzazione era finanziata da un multimiliardario arabo [tale Abu Islam Abu Kareem, secondo la ricostruzione di alcuni degli scafisti e di cui “Batraman” era il braccio destro ndr] che contava su relazioni molto forti in Egitto, che però non può essere arrestato perché è necessario un accordo bilaterale tra Roma e Il Cairo per poter procedere».
L'indagine intanto prosegue in ogni direzione, al fine di capire i collegamenti su cui il gruppo poteva contare in Italia. «È la prima volta che si scopre un fenomeno “invisibile”, cioè caratterizzato da rotte non convenzionali che ad esempio escludevano Lampedusa», ha concluso il questore, Carmelo Gugliotta.