Messico, todos somos Regina

foto: thestar.com
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XALAPA (Stato di Veracruz, Messico), 1 maggio 2012 – Il corpo di Regina l'hanno trovata in bagno, sabato, piena di lividi e contusioni. A dare l'allarme un vicino di casa, accortosi della porta di casa aperta, senza che nessuno ne entrasse o ne uscisse.
Regina faceva la giornalista, come Héctor Javier Salinas Aguirre o Javier Moya Muñoz, uccisi pochi giorni fa nello Stato di Chihuahua. Giornalisti nel paese più pericoloso dove fare questo mestiere. Ottantotto in undici anni, secondo Juan Ramón Negrete Jiménez, segretario regionale per la zona occidentale della Federazione delle associazioni dei giornalisti messicani (Fapermex, la sigla in spagnolo). Senza contare le sparizioni e le minacce.

Regina Martínez Pérez, negli ultimi tempi, si stava occupando di politica. Che in quel paese – un po' come in Italia – è come dire che si stava occupando della parte non violenta del narcotraffico, tanto è il livello di penetrazione dei narcos (o delle famiglie mafiose, per tornare da quest'altra parte dell'oceano) nella politica. Nelle ultime settimane, dalle pagine della rivista Proceso, Regina aveva raccontato dell'ex procuratore Reynaldo Escobar e di Alejandro Montagno, entrambi candidati alla Camera dei Deputati per il Partido Revolucionario Istitucional. «Alla vigilia della morte, la giornalista pubblicò un articolo in merito alla detenzione di nove poliziotti sospettati di essere collusi con il narcotraffico. Per questo, la pista professionale deve essere considerata prioritariamente. La tendenza delle autorità a volerla escludere danneggia gravemente questo tipo di indagine», scrive in una nota l'organizzazione internazionale “Reporter Senza Frontiere”.

«L'omicidio di Regina Martínez è da leggersi all'interno della situazione in cui versa il paese» - scriveva la redazione del settimanale nei giorni scorsi - «dove la violenza quotidiana e gli atti estremi non sono l'eccezione ma la regola quotidiana e dove al crimine va accreditato il clima di ostilità nel quale la stampa indipendente è obbligata a lavorare». «Nel nostro caso» - continua l'articolo uscito domenica[1] - «sono reiterati i sequestri e l'acquisto di numerose copie del giornale da parte di chi si sente danneggiato da quello che pubblichiamo».

Javier Duarte de Ochoa, governatore priista dello Stato di Veracruz, ha ordinato l'apertura di un'indagine, disponendo la creazione di un gruppo speciale che si occupi sull'omicidio. Rispetto a questa indagine, che sarà portata avanti dal governo di Veracruz insieme al ministero della Giustizia «Proceso è scettico», essendo questa una promessa che – alla luce anche degli altri omicidi – risulta essere solo retorica.

Ieri mattina, intanto, decine di giornalisti, studenti e accademici hanno marciato per il centro di Colima, capitale dello Stato omonimo, per protestare contro l'omicidio e chiedere la fine delle violenze contro i lavoratori dei mezzi di comunicazione. Conclusasi di fronte al palazzo del governo dello Stato, la marcia è stata scandita da frasi come “Siamo tutti Regina” o “Non si uccide la verità uccidendo giornalisti”, per poi firmare e condividere la dichiarazione contro la violenza verso i giornalisti redatta nei giorni scorsi ed inviata al presidente Calderón Hinojosa.

Note
[1] Proceso ante el crimen de Regina Martínez, Proceso, 28 aprile 2012