Mafia e discariche, sedici condanne nell'operazione “Vivaio”

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Messina, 31 marzo 2012 – Sedici condanne e quattro assoluzioni. È quanto stabilisce la sentenza di primo grado della Corte d'Assise di Messina, presieduta da Salvatore Mastroeni, nell'ambito del processo “Vivaio”, volto a stabilire l'interesse della mafia barcellonese nella gestione dei rifiuti e delle discariche di Mazzarrà Sant'Andrea e Tripi.

Ad Aldo Nicola Munafò, accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio di Antonino Rottino, avvenuto proprio nel territorio mazzarrese nel 2006, è stato comminato l'unico ergastolo. L'omicidio, hanno ricostruito gli inquirenti, si era reso necessario in quanto Rottino era venuto a conoscenza della contabilità del sito di Mazzarrà destinato allo smaltimento dei rifiuti e, per questo, doveva essere eliminato in quanto «sapeva troppo del business». Ventiquattro anni sono stati inflitti al boss dei “mazzarroti”, Tindaro Calabrese.

Condanna a dieci anni per Carmelo Bisognano, ex boss proprio del clan di Mazzarrà ed oggi collaboratore di giustizia, così come Alfio Giuseppe Castro, ritenuto il collegamento tra i clan del barcellonese e le famiglie di Catania, al quale sono stati inflitti quindici anni.

Il processo è scaturito da un'operazione del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri dell'aprile 2008 e che aveva portato all'arresto di quindici persone, accusate di associazione mafiosa finalizzata all'estorsione. Al centro delle indagini il sistema di controllo e gestione di appalti e subappalti da parte del clan, quali i lavori per la metanizzazione dei Nebrodi ed il raddoppio ferroviario della tratta Messina-Palermo. Proprio durante le indagini era venuto alla luce l'interesse diretto per le discariche di Mazzarrà e Tripi, in cui confluivano i rifiuti di molti comuni siciliani.