Quattro arresti in Spagna portano alla fine della mafia serba?

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Valencia (Spagna) - «Con questa notizia siamo ad un passo dalla vittoria sul crimine organizzato». Ha commentato così il presidente della Repubblica serbo Boris Tadić l'arresto, avvenuto lo scorso 9 febbraio a Valencia, in Spagna, di quattro suoi connazionali sospettati di appartenere al clan di Zemun, uno dei più importanti clan della criminalità organizzata serba che – come per la mafia siciliana, dalla quale ha peraltro ripreso anche il nome (Naša Stvar) – prende il nome dal proprio “mandamento”.

Uno degli arrestati – Vladimir Milisavljević, detto “Vlada il matto” - è stato condannato in contumacia nei due più importanti processi al crimine organizzato portati a termine fino ad ora dalla Procura speciale per il crimine organizzato di Belgrado e che gli sono costati una condanna a 35 anni nel processo per l'omicidio del premier Zoran Djindjiić avvenuto il 12 marzo 2003, quando il premier venne ucciso da un cecchino del clan, Zvezdan Jovanović ed altri 40 anni per i crimini degli “Zemunci” (nome con cui sono conosciuti gli appartenenti al clan).

Le autorità spagnole erano sulle tracce del gruppo - capeggiato dal 2003 da Luka Bojović (nella foto), detto “il fornaio”, anch'egli arrestato a Valencia - da un anno e mezzo, periodo nel quale preziosa si è rivelata la collaborazione con i loro colleghi serbi ed olandesi. I quattro arrestati sono sospettati di furto, traffico internazionale di stupefacenti, riciclaggio di denaro sporto e numerosi omicidi.
Le perquisizioni nell'appartamento utilizzato dal boss hanno portato alla scoperta di un vero e proprio arsenale: tre fucili mitragliatori da assalto, nove pistole semiautomatiche, caricatori e munizioni, nonché mezzo milione di euro in contanti.

Legato politicamente al presidente del Partito radicale serbo Vojislav Šešelj – attualmente imputato all'Aja per crimini di guerra – il gruppo di Bojović era inserito nel traffico di droga, nella prostituzione e nei sequestri di persona. In Spagna il “fornaio” sarebbe accusato di essere dietro a due carichi di cocaina, provenienti dall'Argentina, sequestrati a maggio ed a novembre dello scorso anno i cui guadagni sarebbero probabilmente entrati anche nelle casse delle 'ndrine calabresi, che ai serbi hanno affidato l'intero indotto della distribuzione della polvere bianca.
Il suo arresto sarebbe però frutto anche di un “aiutino” arrivato dalle carceri olandesi, dove dalla fine del 2011 soggiorna Miloš Bata Petrović, considerato il reggente della mafia serba in Olanda.