Lo Bello denunciava la mafia nei "forconi". E la mafia arrivò (fino nel Lazio)

Catania - Nei giorni scorsi[1] il presidente di Confidustria Sicilia, Ivan Lo Bello, aveva evidenziato – scatenando non poche polemiche – la non così lontana possibilità di infiltrazioni mafiose nel Movimento dei forconi (ne avevamo parlato anche noi – portando il caso di Lentini[2] - ma chiedendoci se quello fosse realmente il posto dove l'infiltrazione di Cosa Nostra fosse più evidente).
Tanto tuonò che piovve, dice il vecchio adagio. O, per riadattarlo al nostro caso, tanto si parlò di mafia che, alla fine, la mafia arrivò.

Ne parlava ieri Antonio Condorelli su Corriere.it[3]: tra i “padrini” dei forconi, avvistato alla conferenza stampa di presentazione, ci sarebbe anche Enzo Ercolano, figlio di Giuseppe Ercolano e nipote di Benedetto Santapaola, più noto come “Nitto”, entrambi capi storici di Cosa Nostra nonché fratello dell'assassino di Giuseppe Fava.

Ma può bastare la partecipazione ad una conferenza stampa di un singolo – quanto meno a questo si fermano, attualmente, le “prove” - per parlare di vera e propria “infiltrazione”, in particolare, poi, quando proprio in questi ultimi giorni Cosa Nostra (e la Stidda, come nel duplice omicidio avvenuto nei giorni scorsi[4]) è nuovamente al centro della cronaca?

Oltre ai fatti agrigentini – ancora tutti da accertare, comunque – sono state due le notizie che hanno ottenuto le prime pagine. La prima ci porta a Catania, tra gli undici arrestati per associazione mafiosa dal Raggruppamento operativo speciale (Ros) etneo. L'operazione, dicono gli inquirenti, ha permesso di bloccare sul nascere una faida interna a Cosa Nostra. «La vicenda» - spiega il procuratore Giovanni Salvi (al centro, nella foto) - «si ricollega all'operazione Dioniso: già nel 2005 fu necessario intervenire per evitare un attentato, che fu comunque eseguito tempo dopo. Si tratta di una situazione in continuo mutamento che stiamo monitorando costantemente».
Prima di questi arresti si stava profilando, infatti, una vera e propria resa dei conti all'interno del clan Santapaola tra gli Ercolano-Mangion, collegati con i figli di Nitto Santapaola ed i fratelli Antonino e Salvatore Santapaola, vicini alla famiglia Mirabile. Al centro dello scontro l'eliminazione di Lorenzo Michele Schillaci e Salvatore Guglielmino - appartenenti prima alla famiglia dei Mirabile e poi passati al “nemico” - nell'ambito della più ampia guerra per il controllo di Caltagirone e dell'intera area catanese e per la spartizione dei proventi derivanti dalle attività illecite.
Oltre ai due, scampati all'attentato ma non alle patrie galere, sono attualmente in stato di fermo Antonino Santapaola (figlio di Nitto), Daniele Nizza, Lorenzo Saitta, Francesco, Carmelo, Pietro, Angelo e Paolo Mirabile. «Si tratta di fermi d'urgenza, mentre sono ancora in corso le indagini investigative», ha riferito il procuratore Salvi. Dalle intercettazioni effettuate è emerso che ormai mancava solo l'autorizzazione a compiere il duplice attentato, placet che sarebbe dovuto arrivare da Giuseppe Mirabile, capo-clan attualmente ergastolano, che avrebbe continuato a controllare gli interessi della famiglia attraverso i colloqui in carcere. «Siamo arrivati in tempo ma si tratta di una situazione ancora molto calda» - ha concluso il procuratore - «Adesso spetterà al giudice per le indagini preliminari decidere se convalidare i fermi. Ma questa di oggi, mi sembra comunque una notizia chiara, significativa e di un certo valore anche per tutta la città».

La seconda notizia ci porta invece lontano dalla Sicilia ma non da Cosa Nostra, alleatasi – nella fattispecie attraverso la famiglia Riina-Messina Denaro – con il gruppo casalese degli Schiavone (è bene ricordare, comunque, che i rapporti tra i Casalesi e Cosa Nostra risalgono fino alla reggenza camorristica di Antonio Bardellino, che ai siciliani era stato addirittura affiliato) al fine di conquistare il controllo dei trasporti su gomma e della commercializzazione all'ingrosso di prodotti ortofrutticoli lungo l'asse siculo-campana-laziale, dove il mercato ortofrutticolo di Fondi[5], divenuto ormai il luogo-simbolo della “quinta mafia”[6].
Proprio a seguito di tale situazione, ieri mattina la Squadra Mobile di Caserta, congiuntamente al centro operativo della Direzione Investigativa Antimafia di Roma ed alla Squadra Mobile di Trapani, ha eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal giudice per le indagini preliminari napoletano – nei confronti di Nicola Schiavone, Antonio e Massimo Antonio Sfraga, Gaetano Riina (fratello di Totò “'u curtu” che agli inizi di gennaio si era visto annullare un altro arresto in quanto il giudice per le indagini preliminari aveva fatto “copia e incolla” con l'atto del pubblico ministero[7]), Carmelo Gagliano e Pasquale Coppola per i reati di associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, illecita concorrenza, detenzione e porto illegale di armi da guerra, il tutto aggravato dalla metodologia mafiosa.

Uno di loro, dicono gli inquirenti, sarebbe stato anche segnalato nell'ambito delle proteste del Movimento dei Forconi degli scorsi giorni, accreditando così la tesi del presidente di Confindustria Sicilia.

Note
[1] Forconi e Tir, Lo Bello: "Nei blocchi anche dei mafiosi conosciuti", BlitzQuotidiano, 23 gennaio 2012;
[2] http://senorbabylon.blogspot.com/2012/01/litalia-riscopre-cosa-nostra-ma-forse.html;
[3] Perché il nipote del boss protesta con i «Forconi»?, di Antonio Condorelli, Corriere.it, 27 gennaio 2012;
[4] http://senorbabylon.blogspot.com/2012/01/duplice-omicidio-ad-agrigento-si.html;
[5] L'antimafia si è fermata a Fondi di Antonio Turri, Liberainformazione.it, 27 giugno 2011;
[6] Quinta mafia, Libera: "Lazio sotto scacco", antefattoblog(video), 27 ottobre 2011;
[7] Gaetano Riina, arresto annullato: il gip «copia e incolla» l'atto dei pm Corrieredelmezzogiorno.it, 3 gennaio 2012