Export di armi, i conti non tornano


Roma - Il Consiglio dell'Unione Europea ed il Parlamento europeo l'hanno inserito sulla Gazzetta Ufficiale all'ultimo momento utile e senza troppa pubblicità, come fosse un semplice atto burocratico come gli altri, eppure la “XIII Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari[1] meriterebbe forse qualche attenzione in più, in particolare sulle cifre.

Armi e diritti umani. Nonostante una diminuzione del 21 per cento, le autorizzazioni (licenses) all'esportazione di materiali militari hanno raggiunto la cifra di 31,7 miliardi di euro. Sono stati principalmente i paesi dell'Unione Europea a permettere la diminuzione, passando dagli oltre 13 miliardi di euro del 2009 ai circa 9 del 2010 a seguito della crisi economica, che ha portato alcuni paesi europei a ridurre il budget nel campo militare. Di queste, poco meno della metà (48,8 per cento, pari a 15,5 miliardi di euro) sono state inviate verso i paesi del Sud del mondo.

È sulla questione “diritti umani”, comunque, che l'Unione Europea chiede di porre l'attenzione, chiedendo ai singoli stati di “valutare la posizione del paese destinatario in rapporto ai pertinenti principi stabiliti dagli strumenti internazionali in materia di diritti umani”, in particolare – continua il report – bisognerebbe porre l'accento sulle autorizzazioni verso quei paesi che, durante l'anno appena concluso, sono state teatro di sollevazioni popolari come l'Arabia Saudita (2,4 miliardi di euro), l'Oman (1,16 miliardi), l'Algeria (933 milioni), la Libia (293 milioni), l'Egitto (211 milioni) e il Bahrain (56 milioni).

Dati non dati. Il report si concentra anche su un altro – e forse ancor più interessante – aspetto. «I totali della “riga C” (le consegne)» - sostiene il report - «non riflettono le effettive esportazioni di armamenti dell'Unione». Paesi come Grecia, Danimarca, Germania e Regno Unito infatti da alcuni anni non forniscono più i dati. Una mancanza sospetta in particolare per questi ultimi due paesi, tra i maggiori esportatori europei e internazionali di sistemi militari.

Tra le “anomalie” non poteva mancare l'Italia. Mentre il paese si interroga sull'utilità – economica e sociale – dell'acquisto degli F-35[2] infatti, i dati ufficiali forniti dalla nostra Presidenza del Consiglio parlano di un valore di 2.754 milioni di euro – cifra in linea con quanto veniva dichiarato negli anni precedenti - ma ha segnalato all'Unione Europea esportazioni per soli 615 milioni di euro.

«Considerate queste reiterate mancanze» - scrive Giorgio Beretta sul sito unimondo.org - «la Relazione dell'Unione Europea sulle esportazioni militari appare oggi, a tredici anni dall'entrata in vigore del Codice di Condotta, un documento pressoché inservibile per poter analizzare con precisione le effettive esportazioni di armamenti dei paesi dell'Unione. Occorre ormai chiedersi se queste più che carenze e anomalie non siano invece un subdolo e reiterato boicottaggio dell'unico documento ufficiale dell'Unione che dovrebbe essere in grado di esplicitare con precisione informazioni di ampio interesse che concernono la politica estera e di difesa dei paesi europei».SB

Note
[1] XIII Relazione annuale sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari, Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea. 30 dicembre 2011;
[2] Taglia le ali alle armi!, Rete Italiana per il Disarmo, 21 settembre 2011;