Quella "narcovia" che somiglia tanto alla Salerno-Reggio Calabria



Durango (Messico) – Parlare di quel che oggi avviene nel Messico dei narcos significa, in qualche modo, parlare anche dell'Italia. Perché la criminalità, in Messico come in Italia, influenza gran parte della quotidianità dei cittadini. Che si ritrovano a fare i conti con essa anche quando, semplicemente, percorrono l'autostrada.

Il progetto. Parte del corridoio economico interoceanico tra i mercati asiatici e quelli del NAFTA (l'Accordo nordamericano per il libero scambio), sarà la rotta più corta e più efficiente per il transito delle merci tra l'Oceano Pacifico e l'Atlantico, andando così ad interessare un mercato potenziale di 20 milioni di persone, concentrando più del 60 per cento del flusso commerciale dell'America del nord e darà origine a poco più di un quarto (il 22 per cento) del Prodotto interno lordo messicano.
È stata presentata così l'autostrada Durango-Mazatlán, i cui lavori sono iniziati durante la presidenza di Vicente Fox Quesada (2000-2006) e, ad oggi, ne è stato realizzato circa l'80 per cento. Negli intenti del governo, all'opera – di cui fa parte anche “El baluarte” (“Il baluardo”), il ponte sospeso più alto dell'America Latina (terzo al mondo) con 152 cavi d'acciaio – è affidato il compito di far esplodere lo sviluppo degli stati su cui passerà il tracciato, cioè Sinaloa, Chihuahua, Durango, Zacatecas, Coahuila, Nuevo León e Tamaulipas e permetterà di attraversare con meno difficoltà la zona conosciuta come “El espinazo del diablo” (“La spina dorsale del diavolo”), anche se le condizioni del manto stradale vanno a peggiorare quando ci si allontana dal chilometro zero, tanto che – come scrive Patricia Dávila sul settimanale “Proceso” - «è impossibile godere del panorama pubblicizzato dagli spot del governo federale che invitano ad addentrarsi nella Sierra Made Occidentale usando i ponti panoramici di “La Noria”, “El Indio” o “El Otinapa”».
“El baluarte” è, poi, il simbolo di quella “malapratica” che dal Messico ci riporta al Belpaese. Alto 1124 metri e strutturato con quattro corsie sospese ad un'altezza di 390 metri, il costo iniziale era stato preventivato in circa 280 milioni di pesos. Consegna entro il 2010. Ad oggi, quando i lavori non sono ancora stati completati, sono già stati spesi più di due miliardi di pesos.

Ricordarsi degli amici. I lavori del ponte sono affidati alla Tradeco, vincitrice dell'appalto nel 2006. La società appartiene a Federico Martinez, ex funzionario di Pemex (l'azienda pubblica messicana per il petrolio) che acquistò Tradeco quando ministro dell'Energia era Felipe de Jesús Calderón Hinojosa, che da quando è diventato Presidente ha affidato proprio a Martinez molte delle opere per la creazione delle infrastrutture messicane.

Nel frattempo, lo abbiamo detto, i cartelli non stanno certo a guardare. «Non possiamo negare» - dice Pablo Rivas, rappresentante a Durango per la Camera dell'Industria e della Costruzione messicana - «che l'autostrada sarà a beneficio della criminalità organizzata» che, comunque, ha già trovato il modo per guadagnarci già sopra.
Sinaloa, Beltrán Leyva, Golfo e Los Zetas sono i cartelli che si stanno interessando ai lavori. Non sono entrati direttamente nei lavori – come invece avvenuto per la costruzione della Salerno-Reggio Calabria, dove ogni 'ndrina ha avuto la sua “quota lavori”. A loro basta sequestrare, rubare gli autoveicoli a trazione integrale – gli unici che possono essere utilizzati nella parte più impervia della strada – e, soprattutto, tenere lontani gli “estranie” dalle piantagioni di marijuana e papavero che circondano l'opera (tra gli stati di Durango, Sinaloa e Chihuahua c'è infatti il considdetto “Triangolo dorato”).

«Quotidianamente ci scontriamo con uomini dei cartelli», dicono alcuni operai. «In una occasione abbiamo scoperto vari uomini che viaggiavano armati sulle camionette. Ci hanno chiesto documenti e credenziali di lavoro per lasciarci passare. Ora che ci conoscono ci lasciano lavorare».
L'anno passato alcuni esponenti dei Los Zetas – chiamati “Los amigos” (“Gli amici”) - hanno assaltato il campo di Chavarría Viejo (dove alloggiano alcuni operai, che spesso lavorano in nero), fermando i lavori ed esigendo di sostituire le ditte che si occupano della sicurezza sui cantieri. Da qualche tempo hanno cambiato approccio. Chiedono una mazzetta tra i 5 ed i 10 mila pesos “una tantum”, più combustibile, birra e il “prestito” dei veicoli, che restituiscono dopo tre o quattro giorni. «Forse li usano per i traslochi» dice, ironico, un ingegnere.

«Calderón» - dice il ministro delle finanze Carlos Emilio Contreras Galindo - «dovrà creare un programma di sicurezza speciale per evitare che questi gruppi prendano il controllo dell'autostrada». Riuscirci davvero, però, sarà un'impresa molto difficile, alla luce dell'esplosione dei cartelli avvenuta proprio sotto il mandato dell'attuale presidente.SB