Processo Rostagno, il mistero di "Avana"



Trapani, 15 novembre 2011 – Nei tanti misteri dell'omicidio di Mauro Rostagno – misteri che, piano piano, vorrebbero tornare a galla attraverso l'udienza numero diciannove – ce n'è uno talmente misterioso che nemmeno i collaboratori di Radio Tele Cine (Rtc), la televisione dove il giornalista lavorava, riescono a spiegare. L'unica cosa che sanno, come tutti, è il nome: “Avana”.

Sarebbe stato questo – come è facilmente intuibile dal promo – il nome della nuova trasmissione che Rostagno si accingeva ad iniziare su Rtc. Una trasmissione che però non trovò mai la luce perché, a pochi giorni da quel girato, Mauro Rostagno venne ucciso dalla mafia. Era tutto pronto, persino i brogliacci – che ora vanno a comporre due grossi faldoni del processo, fatti di articoli sottolineati e commentati e appunti manoscritti – finiti dopo l'omicidio nelle mani dell'avvocato Nino Marino, ex dirigente del Partito Comunista, che ha nelle scorse udienze riconsegnato quel materiale a Chicca Roveri, compagna del giornalista.

Avana, provincia di Trapani? Il perché di quel nome – così come i contenuti della trasmissione – rimarranno per sempre un mistero, ma i ragionamenti che ne fa Rino Giacalone su LiberaInformazione.org[1], per chi conosce l'operato di Rostagno, sembrano avvicinarsi molto a quel che sarebbe stato.
«Forse nelle sue intenzioni» - scrive Giacalone - «la trasmissione doveva evocare l'isola cubana – che a ridosso del mondo occidentale aveva mantenuto, e mantiene, una sorta di indipendenza dall'Occidente – l'isola dove si sono mischiati e soprattutto in quegli anni, politica internazionale con affari poco chiari, intrighi internazionali, traffici di droga e di armi, dove si sono stipulati patti irrivelabili, per tentare di fermare i quali nel 1962 si rischiò il terzo conflitto mondiale, con lo scontro tra le superpotenze Usa e Urss».

Traffici di droga, di armi, di rifiuti tossici come quelli su cui Rostagno stava indagano a Trapani, e dove convergevano gli interessi della mafia trapanese, servizi segreti più o meno deviati, pezzi delle istituzioni. «E poi la storia dell'indipendenza» - continua Giacalone - «Non è una fandonia quella che Matteo Messina Denaro in persona, l'attuale super latitante, l'unico sfuggito alla cattura dei mafiosi della disciolta cupola, aveva dato incarico ad un potente narcotrafficante, Saro Naimo, ora arrestato e “pentito”, di contattare le famiglie mafiose americane per vedere se c'era ancora la possibilità di un colpo di stato che portasse sotto il Governo Usa la Sicilia».

L'imprenditore Paolo Lombardino, l'ambasciatore dei narcos in Namibia Vito Bigione e poi gli Agate di Mazara e i Minore di Trapani e ancora i Rimi di Alcamo. Così come i riferimenti alla mafia catanese sono solo alcuni dei riferimenti su cui Rostagno stava lavorando. Poi appunti sui traffici di droga, sul nucleare e la monnezza di Napoli che già allora allettava la camorra, gli sprechi del Belice e Iside 2, la loggia massonica che in qualche modo, a Trapani, sembrava legare tutti i poteri forti, cittadini e non.

Nomi e fatti ben precisi che però, ancora oggi, fanno dire che Mauro Rostagno no, non è stato ucciso dalla mafia.


Note
[1] Gli appunti di Mauro Rostagno su mafia e massoneria, di Rino Giacalone, LiberaInformazione.org 9/11/2011