Boicottare la guerra è reato. Il caso Inge Viett



Berlino – La Germania processa l'anti-bellicismo. Inge Viett, Thies Gleiss, portavoce del partito di sinistra “Die Linke” ed il direttore del quotidiano tedesco “Junge Welt” sono chiamati alla sbarra per aver esercitato il proprio diritto di dichiararsi contrari alla guerra.

«Se la Germania è in guerra allora è legittimo, quale azione dimostrativa contro la guerra, incendiare gli equipaggiamenti militari. I mezzi militari dati alle fiamme in Germania avrebbero potuto portare morte e oppressione nel mondo». Sono state queste parole – pronunciate durante la conferenza pubblica che il giornale “Junge Welt” organizzò nel gennaio scorso – a portare davanti alla corte Inge Viett, ex membro della Rote Armee Fraktion, il movimento più noto dell'epoca della lotta armata nella Germania degli anni Settanta (per un approfondimento basti guardare “La Banda Baader Meinhof”, l'altro nome con cui la Raf era conosciuta, uscito nel 2008 per la regia di Uli Edel).
Con un passato del genere, dunque, il procuratore Matthias Weidling non poteva aspettarsi certo esternazioni “pacifiste” dalla Viett, che ha definito “politica” la sentenza che la condanna ad ottanta giorni di carcere o, in alternativa, al pagamento di 1.200 euro. E “politica” è stata anche la risposta dell'ex esponente Raf, che si è presentata al banco degli imputati tenendo ben aperto il quotidiano “Junge Welt” alla pagina tre, dove campeggiava l'articolo “Der Krieg ist das Verbrechen” (“La guerra è (il vero) crimine”[1]).

Sempre per le frasi “infuocate” pronunciate durante la conferenza da Inge Velt è stato processato – con assoluzione – il direttore del quotidiano di ispirazione marxista, reo di averne riportata la trascrizione integrale ma assolto perché, secondo il giudice, quella sentenza minava la libertà di stampa.

Per quello che potremmo definire “reato d'opinione” è invece chiamato alla sbarra Thies Gleiss, la cui colpa è quella di aver definito “assassini” i soldati tedeschi che autori della strage di civili (91 secondo l'Isaf, 142 secondo fonti afghane) a Kunduz avvenuta il 4 settembre 2009 – come riporta il sito PeaceReporter[2] – allorquando due F-15 americani sganciarono due bombe da 500 libbre su due autocisterne cariche di carburante, provocando la strage. A discolpa della catena di comando – secondo i membri della maggioranza di governo – ci sarebbe la scarsità di informazioni di cui il colonnello Georg Klein – colui che ordinò il bombardamento – poteva disporre secondo le quali quelle autocisterne sarebbero state usate per attaccare il contingente tedesco.

Note
[1] Der Krieg ist das Verbrechen, Junge Welt, 23 novembre 2011;
[2] Germania, le verità non dette sulla strage di Kunduz, di Nicola Sessa, PeaceReporter, 28 ottobre 2011