"Perché dobbiamo spendere soldi?". Così taglia i farmaci ai malati di tumore



Palermo, 3 ottobre 2011 – «Allora non hai capito che la prassi che fai tu costa alla clinica 250 euro e quello ce ne dà 100?». “Quello” è l'assessore alla Sanità della Regione Sicilia Massimo Russo. A parlare in questo modo, invece, è la dottoressa Maria Teresa Latteri, dirigente dell'omonima clinica, rivolgendosi a Maria Rosaria Valerio, un'altra dottoressa della clinica.
Quello che però la dottoresa Latteri ignorava, è che quella conversazione è finita dritta dritta nelle intercettazioni dei Nuclei Antisofisticazioni e Sanità (i Nas).

Siamo nel settembre 2009 quando queste parole vengono ascoltate dalle microspie piazzate nella clinica di via Cordova, a Palermo. La “prassi” che non bisognava seguire, causa costi eccessivi, riguardava la somministrazione del Tad ai pazienti in day service per i quali la Regione Sicilia rimborsa solo 100 euro.

Questa, comunque, non è che uno dei tanti capitoli di cui si compone l'inchiesta sulla sanità dell'isola che vede coinvolti i vertici di tre cliniche private – e convenzionate – del capoluogo siciliano (oltre alla Latteri sono finiti nel registro degli indagati anche i dirigenti della clinica Maddalena e della Noto-Pasqualino) con l'accusa di truffa sui rimborsi di esami e ricoveri, per un totale di 1,2 milioni di euro.
Le indagini, condotte dal pubblico ministero Amelia Luise tra il 2008 ed il 2009 e conclusesi solo lo scorso anno, dovrebbero portare al rinvio a giudizio per i diciassette manager, tra cui due medici in servizio presso ospedali pubblici (il Policlinico e Villa Sofia) che venivano pagati per dirottare pazienti dalle strutture pubbliche – nelle quale dicevano non ci fosse posto – a quelle private. In cambio, naturalmente, una percentuale sui guadagni delle cliniche.

Nell'agosto del 2009 i carabinieri erano anche stati costretti ad intervenire per salvare la vita ad un paziente al quale non veniva somministrata l'albumina. «Siccome, per dire questa sta facendo l'albumina, io non gli faccio altri dieci giorni che si spendono un putiferio di soldi “a matula” (cioè “inutilmente”,ndr). Io magari scrivo in cartella che rifiutano di fare qualsiasi procedura e terapia.», sono le parole riportate da un'altra intercettazione. Coinvolte Federica e Maria Teresa Latteri.

Non solo l'albumina, comunque, doveva essere depennata dalla lista dei medicinali da usare. Nella lista compare anche il Tad, un disintossicante – di un paio di euro a fiala – somministrato dopo i cicli di chemioterapia per alleggerirne gli effetti collaterali sul fegato.

Il problema – dice Renato Costa, segretaro della Cgil medici siciliana - «è che le strutture private sono fuori controllo. La riforma adotta sistemi rigidi sulla sanità pubblica ma non riscontro la stessa solerzia sul fronte del privato, dove non ci sono stati tagli, come testimonia la relazione della Corte dei conti».

Intanto Leoluca Orlando, presidente della Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari, ha annunciato che chiederà una relazione all'assessore Russo e al direttore dell'Azienda sanitaria provinciale palermitana.