In Italia si può comprare un bambino con 25 mila euro


Roma, 12 ottobre 2011 – Lo scorso 4 ottobre, l'operazione “Piccoli angeli” aveva portato alla luce l'esistenza di una rete internazionale di trafficanti di esseri umani che, nel nostro paese, aveva come snodi principali la capitale, Milano, Napoli e Cosenza. L'operazione, oltre ai 27 arresti, aveva portato anche alla scoperta del traffico dei documenti falsi, e venduti a prezzi esorbitanti ai migranti, con i quali poi viaggiavano verso Regno Unito, Svezia e Canada.
Tra le pieghe dell'operazione, come evidenziavano gli stessi carabinieri, non era da escludere la possibilità che all'interno del traffico di esseri umani vi fossero anche una serie di adozioni illegali (da qui il nome “Piccoli angeli”).

Oggi, come riporta il sito Redattore Sociale, a lanciare l'allarme su questo ulteriore aspetto è l'ex presidente della Corte d'appello del tribunale dei minori di Roma, Luigi Fadiga, nel corso di un convegno sul tema tenutosi a Palazzo Marini ed organizzato dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie e dall'Associazione promozione sociale.

«È grave che in Italia un bambino si possa comprare con 20-25 mila euro, al costo di un'automobile di nuova cilindrata» - dice Fadiga - «ma la macchina non esce dalla concessionaria senza targa, allora perché un bambino può uscire dall'ospedale senza essere registrato? La legge consente dieci giorni di tempo per la dichiarazione di nascita, in quei dieci giorni un neonato può essere fatto sparire. L'Italia non è un paese del terzo mondo, eppure non registra i bambini alla nascita».

Tutte le partorienti, come sancisce la sentenza della Corte Costituzionale numero 405 del 2005, hanno il diritto del cosiddetto “parto in anonimato”, anche le straniere senza permesso di soggiorno. Diritto che, per quanto riguarda queste ultime, viene messo in discussione dal pacchetto sicurezza, anche perché una circolare ha forza di legge inferiore rispetto ad una legge dello Stato come il reato di clandestinità.
«Oggi gli abbandoni dei neonati non sono causati più da adulterio, ma da povere immigrate senza permesso di soggiorno e con il terrore di essere espulse» è la conclusione che fa il giurista.

Quello dei bambini non riconosciuti alla nascita è, peraltro, un fenomeno che, per quanto non possa essere basato su dati certi, è in netto aumento. Stando ai dati Istat, infatti, se nel 2000 i casi erano di 362, nel 2007 – anno dell'ultima statistica disponibile – i casi erano 647.
Le cause principali del fenomeno sono da ricercare nel contesto socio-economico in cui vivono le partorienti, che spesso necessitano di interventi assistenziali prima e dopo il parto. L'introduzione del reato di clandestinità non ha fatto altro che aggravare ancora di più il fenomeno.

Per questo le associazioni che hanno organizzato il convegno nei giorni scorsi si sono fatte anche promotrici di un appello con il quale chiedono l'approvazione urgente di un disegno di legge che garantisca questo tipo di assistenza a livello regionale, come sancito dalla legge 328 del 2000 (articolo 8 comma 5).
«Il problema più grave è la legislazione corrente» - evidenzia Giuseppe Palumbo, presidente della commissione Affari Sociali alla Camera dei Deputati - «L'assistenza sociale ora spetta alle Regioni, ciò che interrompe l'iter è il contrasto tra queste ed il Parlamento».

Le proposte di legge attualmente in discussione alla commissione sono tre: una del consiglio regionale piemontese, una della quale primo firmatario è il deputato Domenico Lucà, nonché l'articolo 18 della legge numero 1353 presentata da Livia Turco.