“La primavera di Rosarno non può finire”/2. Stangata al clan Pesce, il Comune dovrà essere risarcito


Rosarno (Reggio Calabria), 21 settembre 2011 - Con la chiusura del procedimento “All Inside”, il giudice per le udienze preliminari di Reggio Calabria Roberto Carrelli Palombi ha inferto un duro colpo alla cosca rosarnese dei Pesce e che va ad aggiungersi a quanto da qualche mese sta facendo il nuovo sindaco Elisabetta Tripodi (PD), “rea” - secondo la lettera inviata dal carcere di Opera da Rocco “Pirata” Pesce[1] - di voler svolgere il proprio ruolo in maniera troppo onesta.

50 milioni di euro è infatti la cifra che la cosca dovrà risarcire al Comune per il danno arrecato con la propria attività criminale, ai quali sono da aggiungere altri 10 milioni di euro per Regione Calabria ed altrettanti al Ministero dell'Interno, per un totale di 70 milioni.

Per quanto riguarda invece le condanne, il Gup ha sposato in pieno quanto sostenuto dall'accusa, costituita dai pm Roberto Di Palma e Alessandra Cerreti. Venti anni ciascuno sono stati comminati a Marcello e Francesco Pesce – quest'ultimo noto anche come “Ciccio Testuni”- ritenuti elementi di spicco del clan. Dieci anni a Domenico Arena – cognato di Vincenzo Pesce - e Salvatore Consiglio, per i quali è immediatamente scattato l'ordine di arresto (erano infatti a piede libero). Tre anni sono stati dati a Lucio Alberti (carabiniere) e tre anni e quattro mesi all'agente penitenziario Eligio Auddino, che si erano avvalsi del rito abbreviato. Per il giudice entrambi agirono consci dei vantaggi che il loro operato portava al clan, per questo ai due è stata data l'aggravante dell'articolo 7 (concorso in associazione mafiosa[2]). Sei anni a Elvira Mubaraskina, moglie del boss Giuseppe Ferraro mentre Francesca Zungri e Lidia Arena hanno visto la propria pena – due anni - sospesa. Unico assolto Claudio D'Agostino “per non aver commesso il fatto”.

«Una sentenza esemplare», l'ha definita il capo della Direzione distrettuale antimafia reggina Giuseppe Pignatone, «perché oltre alle condanne ha ordinato la confisca dei beni, tra cui per la primavolta due squadre di calcio e perché ha condannato gli imputati al risarcimento dei danni nei confronti del Comune di Rosarno, costituitosi parte civile». Oltre al risarcimento, infatti, il gup ha disposto il sequestro della As Rosarnese e dell'Interpiana, nonché del supermercato “A&G Discount”.

Fondamentale è stato l'apporto di Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore alla quale era stato affidato proprio il compito di fare da tramite tra il padre detenuto e gli affiliati e che già lo scorso aprile aveva permesso l'arresto della madre e della sorella, Angela Ferraro e Marina Pesce per poi decidere di tornare sui suoi passi e smettere di collaborare con lo Stato[3].

Note
[1] http://senorbabylon.blogspot.com/2011/09/la-primavera-di-rosarno-non-puo-finire.html
[2] http://penalpolis.splinder.com/post/11105434/art-7-l-20391-dolo-specifico
[3] http://www.malitalia.it/2011/04/la-figlia-del-boss-pesce-fa-arrestare-madre-e-sorella-ma-poi-smette-di-collaborare/