Il prezzo della solidarietà? A Firenze un euro



Prima colazione, cena e pernottamento notturno al costo di un euro a notte.
Un'offerta che definire allettante sarebbe riduttivo. Per chi, naturalmente, può permetterselo.
Questa, infatti, non è l'offerta natalizia di qualche villaggio vacanze o – visti i tempi – meta sciistica per far fronte alla crisi ma è la proposta – ideata dall'assessore alle politiche sociosanitarie Stefania Saccardi – del Comune di Firenze in risposta alla c.d. “emergenza” freddo.

Circa 200 posti letto (175 dallo scorso 22 novembre al 3 aprile 2011 più altri 25 a Natale) messi a disposizione per i tanti senza dimora fiorentini. I primi 15 giorni saranno gratuiti, dal sedicesimo gli ospiti saranno costretti a pagare l'”obolo”.
«Serve per responsabilizzarli» - dice Saccardi - «sono troppi i senza casa non residenti a Firenze: che si rivolgano ai propri Comuni». Insomma: dai tempi dell'ordinanza anti-lavavetri dell'ex assessore Cioni sembra essere cambiato davvero poco. Ad essere cambiato è il modo in cui viene presentata l'iniziativa: se ai tempi delle ordinanze anti-lavavetri ed anti-accattonaggio si era nel pieno della corsa “a chi fa meglio lo sceriffo”, la giunta Renzi sostiene l'aspetto pedagogico di quella che appare come una vera e propria tassa sui senza dimora: «si tratta di un pagamento simbolico» - continua l'assessore della giunta Renzi - «con cui l'Amministrazione non copre assolutamente le spese del servizio. Rappresenta piuttosto una forma di responsabilizzazione delle persone che utilizzano le strutture: vorremmo che capissero che questi servizi hanno un costo per la collettività».

Stando ai dati dell'Osservatorio della Società della Salute del 2009 gli abitanti della città di Firenze sono 365.000, di cui 10.000 galleggiano sulla soglia di povertà ed altri 5.000 vivono in situazione di povertà assoluta. Oggi, con l'incidenza della crisi mondiale la situazione è anche peggiore.
Sono dunque molto spesso cause esterne (problemi familiari, difficoltà nel trovare lavoro, la stessa crisi economica) che causano il fenomeno dell'”homelessness”, entrato a partire dal 2005 anche tra le priorità dell'agenda dell'Unione Europea, che ha chiesto agli stati membri di sviluppare strategie di integrazione sociale per fronteggiare l'emergenza. Questo ci porta a due considerazioni: l'idea del senza dimora “per scelta”, per quanto possa apparire “romantica”, è un'idea derivante da stereotipo e – seconda considerazione – bisognerebbe chiedersi se la proposta della giunta fiorentina ricada nella fattispecie della solidarietà.

Nutre forti dubbi su quest'ultimo aspetto Don Alessandro Santoro, il parroco della Comunità de Le Piagge (periferia nord-ovest di Firenze) rimosso qualche mese fa perché “reo” di aver benedetto nell'ottobre dello scorso anno il matrimonio tra Fortunato Talotta e Sandra Alvino, nata uomo e per il quale l'accoglienza non è né monetizzabile né mercificabile. Da perfetto osservante dell'insegnamento di Don Milani, il parroco rilancia proponendo a tutti i residenti con reddito superiore ai 1.000 euro mensili di auto-tassarsi dell'euro necessario a costituire quello che è stato definito come Fondo di emancipazione sociale (per aderire: http://bit.ly/uneuro).
Palazzo Vecchio, inoltre, ha rilasciato anche una “scala di priorità” per l'accesso alle strutture che hanno dato disponibilità ad accogliere i senza dimora: priorità massima sarà data ai residenti che siano conosciuti dai servizi sociali ed ai non residenti di età superiore ai 45 anni (purché anch'essi conosciuti dalle associazioni di volontariato locali) che potranno usufruire del servizio per tutta la durata dell'”emergenza” (133 giorni) in “pacchetti” di 15 giorni ripetibili. Subito dopo ci sono le persone di passaggio a Firenze che potranno usufruirne per un totale di 75 giorni (sempre con la formula dei 15 giorni purché con un intervallo di 10 giorni tra una serie e l'altra). All'ultimo gradino ci sono gli altri, i residenti in altri comuni, che però potranno soggiornare nelle strutture solidali fiorentine solo per 15 giorni. E io che credevo che la cosa più difficile in questo paese fosse ottenere una casa popolare...
La scelta di differenziare il servizio dicono da Palazzo Vecchio serve come deterrente all'arrivo di non-fiorentini (qual è la differenza con quel '”prima gli italiani” che distingue l'altra parte politica?), affermazione che stride poi con i dati dello scorso anno: su un totale di 480 persone che hanno usufruito dei circa 200 posti letto messi a disposizione solo il 28% è andato ad italiani (il 72% degli ospiti era infatti di nazionalità straniera), e difficilmente tutti residenti nel capoluogo toscano.


  • Cosa succede nelle altre città
L'idea di Palazzo Vecchio sembra essere un unicum nel panorama nazionale, nel quale – di contro – vige la più completa gratuità.


A Roma è consuetudine radicata la guida sul dove mangiare, dormire e lavarsi redatta da ormai 20 anni (e ripresa, tra le altre, anche dalla città di Firenze) dalla comunità di Sant'Egidio: sulla falsariga della guida Michelin, infatti, questa elenca i posti “homeless-friendly” dividendoli per categorie: ristoro (33 mense, cinque in più rispetto allo scorso anno); dormire (36 indirizzi, più tre rispetto al 2009) e lavarsi (15 bagni pubblici, due in più rispetto all'anno scorso). In più sono elencati 24 indirizzi per il primo soccorso e 108 (erano 106 nel 2009) centri di ascolto ed aiuto.
A Venezia, dopo qualche peripezia che ne aveva messo in dubbio l'attivazione è partito anche quest'anno il “Progetto senza dimora”, che prevede l'aggiunta di 24 posti letto (un po' pochini?) rispetto a quelli garantiti durante tutto l'anno.
A Bologna è partito “Un buono per una buona azione”, la campagna promossa da Antoniano Onlus e Piazza Grande necessaria non solo a sensibilizzare la cittadinanza su questioni come il disagio socio-economico che sempre più fa aumentare le fila di nuovi poveri che, in alcuni casi, non hanno alternative se non il sostentamento per conto terzi, che è poi il principale difetto della proposta fiorentina.

A questo punto sorge una domanda: se i senza dimora non hanno un lavoro da dove possono prelevare la “tassa simbolica” di un euro? Carità? Accattonaggio? Lavoro nero? Esattamente quei comportamenti stigmatizzati dalla società e, per definizione, combattuti dalle istituzioni. La “tassa di solidarietà” proposta dalla giunta di Firenze è dunque davvero “solidale”? Se davvero si vuole “responsabilizzare” i senza dimora, non è forse meglio iniziare un serio lavoro di inclusione sociale e lavorativa che vada di pari passo ad una seria e completa soluzione dell'annoso problema abitativo?

Anche ammettendo che tutt* le/i senza dimora trovassero un euro da pagare, questo basterebbe per assicurargli un posto in cui stare al caldo? Saverio Tommasi ci dice che non è proprio così semplice...