I vuoti di memoria di Piero Fassino

«Un esercito in missione di pace è un esercito che spara per secondo».
[Piero Fassino, esponente di spicco del Partito Democratico].

È semplicemente geniale. Un'affermazione del genere ammetto che non me l'aspettavo neanche da quelli di estrema destra. Deve essere per questo che – in bocca a chi si spaccia ancora per uno “di sinistra” - la trovo decisamente imbarazzante. Ma facciamo un passo indietro e ricapitoliamo le puntate precedenti:

Piero Fassino – ex Partito Comunista e tutto il resto – qualche tempo fa aveva fatto trasalire chi ancora ha problemi ad accostare termini come “sinistra” e “centro” ammettendo che [citazione testuale]: «Ve lo dico con franchezza, qualche volta il leghismo nel mio cuore prorompe». E già lì, come direbbe il buon Gaber, ci sarebbe da incazzarsi, perché uno dice: ci ha preso per il culo fino adesso!

Non contento di aver informato l'elettorato che se reintroducessero il voto di preferenza votare per lui potrebbe voler dire votare Lega, nei giorni scorsi il nostro ha aggiunto un'altra piccola perla al bestiario (quella in apertura di post).
La puntata di ieri di “In ½ ora” che – ahimè – ho avuto l'ardore di guardare, si è rivelata interessante per due motivi: il primo è che dopo 9 anni dallo scoppio del conflitto afghano il nostro Ministro della Difesa ci ha finalmente fatto capire che parlare di “peace-keeping”, “missioni di pace” e tutto il corollario oltre che ipocrita è anche sbagliato: noi siamo in Afghanistan per fare la guerra, ed è in quest'ottica che va letta la sua richiesta al Parlamento di armare – o meno – i nostri caccia con le bombe. Più volte durante il programma di Lucia Annunziata il ministro ha sottolineato il fatto che adesso non se la sente più di prendere decisioni da solo, ed ha perfettamente ragione: perché devono grondare sangue solo le sue mani quando possono farlo quelle di tutti i parlamentari? Perché è questo quello che verrà chiesto a deputati e senatori: fare più vittime a suon di bombe. E chisenefrega se per ogni taleban ucciso ci rimarranno sotto anche 3-4 civili: basterà prendere qualche kalashnikov precedentemente sequestrato, metterlo accanto ai corpi delle vittime civili ed in un attimo otterremo anche noi la nostra “strage” di taleban così come in uso all'Isaf [“La fabbrica dei talebani” - PeaceReporter 20/09/2006, articolo presente nei documenti alla fine del post].

Il secondo motivo, ovviamente, sono state le esternazioni di Fassino, che ancora racconta la storiellina delle “missioni di pace”. Non contento, peraltro, in un'intervista concessa a Daniela Preziosi su Il Manifesto di ieri si prodigava nel richiedere la creazione di un “monumento ai caduti”.
Anche in questo caso vale la pena citare testualmente: «un monumento non è retorica, soprattutto se serve a non dimenticare uomini che hanno pagato con la vita. Questo lo può pensare solo chi non crede nel valore della patria e non vuole prendere atto di un fatto evidente: che i nostri militari muoiono in missione di pace, mentre aiutano le popolazioni civili».
Tralasciando che a) all'interno del suo partito vi è ormai più di un imbarazzo nel definire la nostra missione in Afghanistan “missione di pace” (una delle personalità più convinte nel rivedere quanto meno l'aspetto semantico è, per motivi che mi sembrano evidenti, Rosa Maria Villeco Calipari, moglie dell'ex funzionario SISMI ucciso dagli americani nel 2005 durante la liberazione della giornalista de Il Manifesto Giuliana Sgrena) e b) il sottoscritto non crede al concetto di “patria” per me è miglior commemorazione più che un monumento dal dubbio gusto creare – ad esempio – le condizioni per le quali i nostri figli del Sud non siano più costretti a guardare alla carriera militare come unico sbocco lavorativo, tanto per rimanere all'ultimo “agguato”.
Scorrendo l'intervista trovo un altro paio di spunti di riflessione: l'attuale “inviato dell'Unione Europea in Birmania” (poveri birmani...) considera “di pace” tutte quelle missioni che avvengono sotto il mandato dell'O.N.U., e dunque gestite sul campo dalla NATO. Detto questo, Fassino ci tiene a ricordarci che: «nei Balcani non siamo andati a fare la guerra ma a difendere le popolazioni civili. In Afghanistan siamo andati per evitare il ritorno dei taleban che non permettono alle bambine di andare a scuola».

Oltre che affetto da leghismo ad intermittenza, l'ex ministro deve essere affetto anche da evidenti vuoti di memoria, o magari ha degli informatori decisamente scadenti:

Afghanistan: chi segue un po' le vicende afghane certamente saprà quanto il governo di Hamid Karzai sia considerato un governo-fantoccio, rimasto al potere solo grazie ai brogli delle elezioni dello scorso agosto. Indovinate un po' con chi sarà costretto ad allearsi il governo per rimanere a galla? Proprio con quei taleban che ufficialmente stiamo combattendo! Come riporta infatti il Washington Post, seppur in fase preliminare, ci sarebbero colloqui ad alto livello tra rappresentanti del governo e rappresentanti delle milizie che hanno ricevuto il beneplacito ad aprire le trattative direttamente dalla Shura (Consiglio) di Quetta – cioè l'attuale governo dei taleban - e dal suo leader, il mullah Mohammed Omar (sì, proprio “quel” mullah Omar a cui da anni l'Occidente sta dando la caccia senza successo...). Si potrebbe aprire eventualmente una discussione anche sull'ingresso dei potentissimi signori della guerra nel “democraticamente eletto” esecutivo Karzai come più volte denunciato dalla giovane e coraggiosa ex parlamentare Malalay Joya. Ma questa è un'altra storia...Dalle trattative peraltro viene tenuto fuori il potentissimo clan degli Haqqani – uno dei più feroci clan afghani - con il quale Washington sta trattando tramite un funzionario occidentale dislocato in Pakistan e che, come peraltro rivelato sia dal W.P. che dal britannico The Guardian, Washington ritiene molto più potente della stessa Shura. Che gli americani stiano preparando il terreno all'ennesimo “tradimento” di un loro alleato-fantoccio?

Balcani: 2.500 vittime (di cui 89 bambini) e 12.500 feriti escludendo le morti “postume”, quelle cioè dovute all'uso dell'uranio impoverito. 2.300 attacchi aerei che hanno portato alla distruzione di 148 edifici, 62 ponti e 300 tra scuole, ospedali ed istituzioni statali per un danno totale di 30 miliardi di dollari. Sono queste le cifre (alcune) della nostra “missione di pace” nei Balcani sul finire degli anni '90. Ancora oggi le cause che portarono ai bombardamenti Nato – dove evidenti furono le colpe dell'allora governo italiano guidato da Massimo D'Alema, che concesse le nostre basi militari per i bombardamenti – sono incerte. O meglio: come sempre la versione ufficiale parla di “cause umanitarie” che – nel caso serbo – rispondono (anche) al nome di Ambo, cioè Albanian Macedonian Bulgarian Oil, un oleodotto da 1,1 miliardi di dollari necessario agli Stati Uniti per assicurarsi scorte di petrolio direttamente dal Mar Caspio. Funzionerebbe così: il Mar Caspio è uno dei centri della guerra (più o meno sotterranea) per il petrolio. Alcuni esperti stimano in 200 miliardi di barili – 7 volte la quantità posseduta dagli States – le riserve petrolifere in loco. A differenza dell'Iran (che è uno dei principali concorrenti – se non il principale – nella “guerra” dell'oro nero e “casualmente” il prossimo obiettivo statunitense nella guerra al terrore) gli Stati Uniti devono però trovare il modo di trasportare il petrolio verso i propri territori e verso i mercati occidentali (anche per evitare che la Russia – tramite Gazprom – possa ottenere una nuova posizione monopolistica nel campo e dunque riprendersi parte di quel potere politico frantumatosi con la caduta del Muro di Berlino del 1989). Il tragitto del petrolio a stelle e strisce dovrebbe essere più o meno questo: dal Mar Caspio verrebbe trasportato (via nave) fino al porto bulgaro di Burgas per poi arrivare al porto albanese di Vlora attraverso la Macedonia. Si dà il caso che uno dei punti strategici per il controllo sul versante mediterraneo di gasdotti ed oleodotti sia il Kosovo, cioè il motivo “umanitario” per cui venne scatenata la guerra contro la Serbia nel 1999.

Alla luce di quanto appena scritto – si potrebbe poi parlare degli “errori” degli interventi delle forze internazionali durante le missioni di pace ma basta fare una ricerca su internet per leggerne in quantità – e volendo credere alla buona fede del leader democratico io inizio ad avere seri dubbi sul fatto di aver compreso a pieno il significato del termine “pace”.


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