I colloqui di pace in Afghanistan possono avere successo? Intervista con Gulbuddin Hekmatyar

In una rara intervista concessa per e-mail, il signore della guerra afghano Gulbuddin Hekmatyar – capo del più debole dei tre principali gruppi insurgenti ed il primo ad impegnarsi nei colloqui di pace con Kabul – definisce il suo piano per fermare i combattimenti.

Di Anand Gopal per “The Christian Science Monitor

Il signore della guerra Gulbuddin Hekmatyar
[foto Caren Firouz/Reuters]
Gulbuddin Hekmatyar, veterano tra i signori della guerra afghani e capo dell'unico tra i tre gruppi insurgenti principali a partecipare direttamente ai negoziati con il governo. Il suo gruppo, Hizb-ul-Islami ("Partito Islamico", ndt), controlla larghe parti delle regioni nord ed est ed a marzo ha consegnato a Kabul una proposta di pace in 15 punti.
Ma ogni accordo con Hizb-ul-Islami rimane lontano, a causa di disaccordi sul quando le truppe straniere dovrebbero andarsene e sul quando procedere a nuove elezioni. E non è chiaro se i talebani seguiranno l'esempio del gruppo.

Mr. Hekmatyar, presumibilmente nascosto in Pakistan, discute dei negoziati di pace con il Monitor in una rara intervista e-mail. Questi sono alcuni estratti dall'intervista.

«In marzo una delegazione dei suoi uomini è andata a Kabul per esplorare la possibilità di iniziare i negoziati di pace. Perché il suo gruppo ha deciso di dialogare proprio adesso?»

«Abbiamo iniziato i nostri sforzi per la pace subito dopo che il Presidente Obama ed altri leader occidentali hanno parlato per la prima volta della possibilità di ritirarare le proprie truppo dall'Afghanistan. Hanno detto che il caos in Afghanistan non ha una risoluzione militare, che non possono sconfiggere gli oppositori combattendo.
Abbiamo presentato la nostra proposta adesso perché con il ritiro delle truppe non vogliamo che si ripeta quello che successe dopo il ritiro delle truppe sovietiche (la guerra civile). Noi vogliamo arrivare ad un accordo di pace duraturo».

«Il ritiro delle truppe è l'unico modo per fermare i combattimenti?»

«La presenza delle truppe straniere è la ragione fondamentale per la quale continuiamo a combattere. Le truppe straniere devono lasciare l'Afghanistan. Inoltre l'interferenza dei nostri vicini e delle altre potenze deve finire, perché la loro competizione è la causa di questo caos.»

«Quale ruolo vede per se stesso nel governo post-americano?»

«Al momento voglio solo la libertà per il mio paese. Non penso ad altro. Non voglio niente per me stesso, on abbiamo chiesto niente neanche per Hizb-ul-Islami.
Vogliamo che gli afghani scelgano la posizione di ogni partito e persona. E non devono chiedere aiuto agli stranieri per questo.»

«Quali effetti ci sarebbero sugli altri taleban se il suo gruppo smettesse di combattere?»

«Se Hizb-ul-Islami è d'accordo con la proposta per fermare il caos, molti degli altri combattenti della resistenza lo saranno. Gran parte del paese lo sarà».

«Con il ritiro degli Stati Uniti cosa vi assicura che Al Quaeda non utilizzerà più l'Afghanistan come un paradiso?»

«Attualmente Al Quaeda non ha una presenza attiva o diffusa in Afghanistan. L'Iraq e la Somalia sono centri preferiti da Al Quaeda.
Nella nostra proposta diciamo che dopo la partenze delle truppe straniere non ci sarà più un solo combattente straniero in Afghanistan. Gli afghani sono pronti a garantirlo».

«Voci recenti dicono che Hizb-ul-Islami ed i taleban hanno combattuto nel nord».

«Negli anni scorsi alcuni gruppi taleban sospettati di essere al soldo di qualche agente straniero hanno deciso di attaccarci. Ma noi non vogliamo combattere altri gruppi afghani.
I tempi duri sviluppano in alcune persone la capacità di tollerare i problemi. O portano alcuni alla disperazione. Grazie a Dio io sono nella prima categoria. Nei miei 42 anni di combattimenti non ho mai sentito debolezza o disperazione. Mai».