Non spegni il sole se gli spari addosso

giuliani

Genova, (Italia) - Era esattamente 9 anni fa. Il 20 luglio 2001. Nel capoluogo ligure si erano riuniti i criminali più pericolosi del mondo, mentre a terra scorreva il sangue di un 23enne, ucciso – materialmente - da un burattino in divisa il cui compito era quello di difendere quei criminali che avrebbero deciso anche della sua vita (senza chiedergli nulla…) in quell’area invalicabile che chiamavano Zona Rossa.

L’Italia, ed il mondo intero, lo conobbe così Carlo Giuliani. Il volto di Carlo nel ricordo di tutti non è tanto quello delle foto successive. Il volto di Carlo è il suo passamontagna insanguinato, usato per non farsi identificare da chi, per legge, non è identificabile. A me piace pensare che quel passamontagna sia un po’ come quello del Subcomandante Insurgente Marcos e dei tanti e tante che lottano per i loro sogni nella Selva Lacandona.

«Noi, senza volto, incarniamo tutti coloro che combattono per la GIUSTIZIA. Non solo: rappresentiamo anche quelli che non hanno il coraggio di guardarsi in faccia. Non abbiamo identità, per ora; non siamo nessuno, ma, proprio per questo, ogni uomo che cerca la LIBERTA' può identificarsi con noi. Noi siamo chiunque ...»

Spesso quest’anno mi è capitato di pensare a Carlo Giuliani. Perché Carlo è morto a 23 anni – era nato nel 1978 - l’età che ho io adesso. E spesso mi viene da pensare come sia morire a quest’età, quando la strada da fare per prenderti la tua parte nel mondo è ancora in salita, quest’età in cui hai i sogni nel cassetto e la rivolta tra le dita, come canta Guccini in Eskimo. Mi chiedo spesso come sia morire a 23 anni, quando mentre stai organizzando i tuoi piani c’è qualcosa, o qualcuno – come in questo caso – che te li ruba…

Io Carlo Giuliani non l’ho mai conosciuto. Perché in quei giorni Genova la guardavo dalla televisione, occupato com’ero a fare ancora il ragazzino a cui interessava solo il pallone e quello che girava intorno a quel mondo. Non l’ho mai incontrato e se credessi nell’aldilà mi piacerebbe incontrarlo, in un futuro, per ringraziarlo. Già, perché anche se a Genova non c’ero, anche se le botte alla Diaz le ho viste solo dopo un po’ di tempo, furono proprio la pallottola di Placanica e il sangue di Carlo Giuliani, gli anfibi delle forze dell’ordine e i “tonfa” battuti sugli scudi che accesero la scintilla che è diventata la mia stella polare in questi nove anni. È per questo, forse, che ho sempre delle sensazioni strane quando parlo o scrivo di quei fatti, perché in qualche modo Genova ha rappresentato una specie di “seconda nascita”,

grazie alla quale il pallone l’avrei sostituito con libri via via sempre più impegnati ed impegnativi. Ma questa è un’altra storia…

Nei giorni successivi a quel sanguinoso G8 circolava una storia: si diceva che molti di quelli che indossavano una divisa e che rappresentavano “la legge” fossero sotto l’effetto di stupefacenti. Non so se sia stato davvero così o se fosse l’ennesima leggenda metropolitana, visto che su molti di quei fatti – come per tutti gli episodi chiave di questo paese – c’è ancora una fitta nebbia che tiene tutti lontani dalla Realtà. Oggi, però, come per completare la commemorazione a Carlo, si legge dell’arresto di due poliziotti (uno di stanza ad Asti e l’altro a Lodi) per spaccio di droga partita da un’intercettazione a Massimo Pigozzi, uno dei torturatori di Bolzaneto la cui fedina penale farebbe invidia ad un “delinquente di professione” (è infatti condannato a tre anni e due mesi di reclusione – ma in via di prescrizione – per aver strappato la mano ad un no-global divaricandogli le dita fino a lacerarne pelle e legamenti e, due anni fa, è stato accusato di aver violentato tre prostitute straniere) in cui alcuni colleghi gli raccontavano di essere entrati in servizio  previa sniffata come fosse la cosa più normale di questo mondo. Questa speciale “procedura d’intervento”, sostiene la procura di Genova, comprende un numero ancora non definitivo compreso tra i dieci ed i venti poliziotti in servizio presso la questura ligure, tutti riforniti da uno spacciatore noto (anch’egli agli arresti) per un giro di due etti a settimana distribuito in quei festini che sembrano piacere tanto agli esponenti dell’UdC.

Pronta, e prevedibile, la risposta del questore di Genova Salvatore Presenti, che ha parlato di «poche mele marce», confermando che «tutta la polizia è sana e professionale», di quella professionalità i cui segni sono ancora sulla pelle e negli animi di chi a Genova le botte le ha prese davvero.

Sono passati 9 anni da quando quella mano assassina sparò quella pallottola. Sono passati 9 anni ma, come cantano gli Assalti Frontali in “Rotta Indipendentenon spegni il sole se gli spari addosso. Puoi solamente spargerne i raggi un po’ dovunque, così che per ogni compagn@ uccis@ dalla mano del Potere ne nascano quotidianamente altri 10, 100, 1000 che si incammineranno tutti insieme lungo la via di quella Stalingrado che rappresenta la capitale di quel mondo migliore che da Genova 2001 abbiamo imparato ad invocare…