Democrazia(?) e Sindrome di Stoccolma


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Nelle ore immediatamente successive al blitz sulla Freedom Flotilla c’era una domanda alla quale ho cercato risposta: «Perché?» A distanza di alcuni giorni le richerche sono ancora in pieno svolgimento. E non l’ho trovata neanche cercandola nella vomitevole propaganda filo-sionista, nonostante in Italia se ne sia avuta in quantità industriale. 
«Mi hanno detto che sono stati trovati dei cadaveri in bagno con un foro di pistola alla testa. Tra noi c'erano dei feriti che sanguinavano. Uno di questi era disteso e aveva il piede ferito. Gli è stato ordinato di alzarsi, ma lui non è stato in grado di farlo. Allora un soldato gli si è avvicinato e gli ha sparato alla testa, uccidendolo davanti a tutti». A dirlo è Manolo Luppechini, il regista romano che, oltre al trattamento nazista riservato a molti dei componenti della Freedom Flotilla, è stato trattenuto per ulteriori 12 ore presso l’aeroporto Ben Gurion perché non provvisto di passaporto (ma si parla anche di un “acceso diverbio” con un militare israeliano).
Quello che è successo su quelle navi in realtà non mi stupisce granché: tutti coloro che hanno capito che Babbo Natale non esiste conoscono perfettamente l’inquadramento geopolitico israeliano, un paese definito “democrazia” solo perché il paragone è o con gli Stati Uniti di Guantánamo Bay o con l’Italia dei Centri d’Identificazione ed Espulsione. Un paese – diventa sempre più lampante con l’allontanarsi del pluri-omicidio perpetrato – che può permettersi di considerarsi estraneo alle leggi dell’uomo (e da ateo francamente evito di chiedermi quale sarebbe un eventuale giudizio divino). Uno stato che non solo si è permesso di comportarsi alla stessa maniera di quei pirati somali le cui gesta vengono denunciate – seppur ad intermittenza – sui nostri giornali, ma che anche per questo avvenimento godrà dell’impunità totale, nonostante il teatrino di condanna che ci scorre davanti agli occhi in queste ore. Perché se qualcuno crede che una risoluzione Onu – peraltro non firmata né dall’Olanda né da Stati Uniti ed Italia, paesi che puzzano di sionismo non so da quanti chilometri di distanza, e per la quale altre nove nazioni non hanno avuto il coraggio di prendere posizione – possa magicamente cambiare le cose e democratizzare una manica di assassini beh, è l’ora che capisca due tre cose sulla differenza tra realtà ed immaginazione.
Questa considerazione, peraltro, viene da un dato storico ed oggettivo:
sono ormai più di sessant’anni che quotidianamente lo Stato d’Israele perpetra omicidi – mirati o nel mucchio è indifferente  - con l’unico scopo di annientare una popolazione, figuriamoci se può avere problemi con la coscienza (ammettendo, ovviamente, che gli israeliani che non si schierano con i fratelli palestinesi ne siano provvisti…) per  l’uccisione di una ventina di persone (nonostante la stampa mainstream si stia sgolando a dire che sono solo 9 gli omicidi si parla anche di alcuni corpi gettati in mare, e – presumo – nessuno avrà l’accortezza di andare a controllare…).  
Le immagini dell’aggressione da parte delle teste di cuoio erano agghiaccianti anche solo a volerle staccare dal contesto nel quale si collocano, ma se ad esse aggiungiamo anche tutto quello che sta venendo fuori con il passare del tempo davvero inizio a considerare l’idea che Adolf Hitler fosse un ladruncolo di galline (e neanche dei più bravi): «Ci siamo precipitati verso la cabina di comando dove gli attivisti si erano messi tutti intorno, legandosi, tenendosi per le braccia. Li hanno colpiti, hanno sparato, hanno buttato bombe al suolo, hanno usato tutta la violenza possibile, per cui hanno rotto questo abbraccio non violento e sono penetrati nella cabina di comando. Il capitano è stato malmenato, e ai giornalisti presenti sulla nave è stato intimato di non fare riprese. Arrivati ad Ashdodo ho perso tutto ci hanno preso tutto. Mi hanno rubato un sacco di soldi, carte di credito, occhiali , il cellulare..», dice Angela Lano, giornalista e attivista presente sulla “Ottomila”, l’imbarcazione battente bandiera greca.
Continuo a leggere pagine e pagine sui giornali, sui blog, sui vari siti in cui vengono riportate le dinamiche raccontando ormai quasi secondo per secondo quello che è avvenuto ma niente, a quella domanda iniziale ancora nessuno ha risposto. Come nessuno ha risposto alla domanda – anzi: per correttezza d’informazione è meglio dire che nessun* se l’è neanche lontanamente posta – sul perché l’equipaggiamento dei militi fosse provvisto anche di tre pagine di nominativi, probabilmente le persone da eliminare. Come lo sceicco Raed Salah, leader del Movimento islamico in Israele, scampato alla morte per uno scambio di persona. Lui era su quella nave e, presumibilmente, anche su quella lista. Sarebbe interessante entrare in possesso di quel dettagliato elenco, non per avere un “cimelio” di un fatto di cronaca come è (becera) moda di questi anni, quando ci si svena – economicamente parlando – per ottenere qualche “ricordino” della star estinta o della sciagura da poco avvenuta. No, sarebbe interessante entrare in possesso di quella lista perché sta tutta lì la chiave di lettura della vicenda. Perché è chiara una cosa ormai: l’entrata in scena delle teste di cuoio niente ha a che fare con la difesa dei confini israeliani (e non c’entra granché il fatto che l’operazione sia avvenuta a circa 120 km di distanza dalle acque israeliane), e probabilmente poco ha a che fare con l’embargo di Gaza. Perché se così fosse stato sarebbe stato più intelligente entrare in possesso delle navi senza spargimento di sangue, con un semplice sequestro e l’espulsione di tutti gli attivisti dal suolo nazionale una volta arrivati sulla terraferma. Ci sarebbero state probabilmente le stesse polemiche, ma a) tutti gli attivisti sarebbero tornati dalle loro famiglie e b) si sarebbe parlato per un po’ della faccenda e poi tutto sarebbe rientrato nella “normale amministrazione” dei fatti d’Israele.
Invece no. Invece si è voluto andare oltre, applicando la logica della prova di forza – peraltro senza motivo – ottenendo così come risultato quello di cui stiamo leggendo in queste ore. E qui, di nuovo, quella domanda iniziale: «Perché?» Forse per farla pagare alla Turchia, rea di aver aiutato l’Iran accordandosi per arricchire il famoso “uranio per la bomba atomica” di cui leggevamo fino a qualche settimana fa sui giornali? È per questo, dunque, che la nave maggiormente martoriata è la “Mavi Marmara”, proprio la nave battente bandiera turca (e per l’occasione palestinese)? O forse questa operazione era un messaggio da mandare non solo alla Turchia e, per interposta persona, all’Iran ma soprattutto da mandare al di là dell’Atlantico, bloccando ogni velleità turco-iraniane di allargare la sfera di influenza nella regione medio-orientale? O è forse il definitivo abbandono da parte delle personalità più in vista (Peres, Netanyahu, Barack) di una maschera “moderata”, la cui credibilità resisteva ormai solo per il pubblico occidentale, a favore di Yisrael Beitenu, il partito di estrema-destra di Avigdor Lieberman al governo insieme al Likud?
E di nuovo torniamo a quella famosa lista, dandone per veritiera l’esistenza: perché non renderla pubblica? Perché non far vedere – pro domo israeliana, dunque – quali erano queste personalità da eliminare presenti su un convoglio che – con quelle prove alla mano – perderebbe probabilmente tutto il suo fascino pacifista? Ma questo non succederà mai, per due evidentissimi motivi: a) perché la lista può non esistere (e non avendola vista, naturalmente, non posso che sospendere ogni questione in merito…) oppure b) la lista esiste, ma renderla pubblica porterebbe ancora più legna alla causa della premeditazione del blitz. Perché è evidente che questa operazione sia stata premeditata e preparata da mesi. Talmente evidente che persino i media del circuito mainstream sono costretti a qualche concessione in merito.
Quel che potrebbe avvenire a breve, dando già per assodato che siamo in presenza di un incidente diplomatico (come minimo…) sull’asse Ankara-Tel Aviv, viste anche le dichiarazioni turche, è un braccio di ferro proprio tra i due principali alleati statunitensi in Medio-oriente, anche se nel caso del paese di Abdullah Gül – che ha avuto parole di fuoco ieri durante i funerali delle vittime turche – bisogna ormai parlare di “ex” alleato.
Naturalmente oltre al danno non può non mancare la solita beffa.
No, non mi riferisco alle (pseudo)dichiarazioni del Ministro degli Esteri che ha ringraziato Israele per aver rilasciato i prigionieri e che almeno questa volta ci ha evitato i “prego affinché…”, “spero con tutto il cuore…” che ne avevano caratterizzato il rapporto con i media durante il sequestro da parte dei militari britannici dei tre cooperanti di Emergency in Afghanistan qualche settimana fa. Mi riferisco a ben più beffarde, e per questo ancora più infami, esternazioni che vengono direttamente dal Presidente della “democrazia” israeliana Shimon Peres, che  ha elogiato il “il valore e la moralità” dei killer. Mi viene in mente, a tal proposito, quella nota massima di Woody Allen in merito all’etica dei politici: «I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale». Da oggi credo si possa rivisitare questa massima, che più o meno potrebbe suonare: «I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un commando israeliano».
E veniamo così – in conclusione – alla seconda metà del titolo di questo post: la c.d. “Sindrome di Stoccolma”, uno dei più famosi disturbi che la psicologia conosca. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, detta in estrema sintesi, è quella condizione per cui si arriva ad avere sentimenti positivi (quando non direttamente una vera e propria forma di innamoramento…) per i propri carnefici. Ecco: ho le prove che l’attuale “democrazia” israeliana ne è affetta. E il carnefice in questione lo conosciamo tutti. Come spiegare altrimenti questa sorta di legge del contrappasso per la quale i nonni dei ragazzi che hanno commesso la strage portano ancora addosso le tracce dell’Olocausto ed i loro nipoti si comportano allo stesso modo di chi attuò lo sterminio di massa? Perché, alla fin fine, quello israeliano nei confronti dei palestinesi cos’è, se non una rilettura (peggiorativa) delle politiche naziste?
La conclusione è sempre la stessa:

Togliere l’embargo a Gaza e che la comunità internazionale si attivi per far terminare una guerra per la quale, anche se leggeremo al massimo una pagina striminzita sui libri di Storia, tutti quelli che si girano dall’altra parte – o che addirittura patteggiano per gli assassini – sono complici. 
Palestina Libera!