Reintrodotto il reato di "lesa maestà" in Italia.

Genova (Italia) - La storia italiana è costellata di “omissis”, quei bei cari coni d'ombra che tanto piacciono ai burattinai del Potere ed a chi – ovviamente – ne beneficia. L'elenco è lunghissimo: da Piazza Fontana a Brescia, da Ustica all'omicidio (politico?) di Pier Paolo Pasolini.Le ferite di Genova, di quella Genova che nel 2001 venne militarizzata per il volere di una manciata di “potenti” che decisero di riunirsi nel capoluogo ligure per decidere sulle sorti del mondo, o meglio: decisero quali dovevano essere le tecniche per continuare a far parte del mondo “bello, buono e ricco” uccidendo popolazioni e terre del resto del mondo.
A 9 anni di distanza quei giorni sono passati alla storia come «sospensione della democrazia», che di certo nulla hanno a che fare con le denunce di “golpe” che, con un certo pressappochismo, sembrano essere di gran voga in questi giorni per esaudire i desideri del nuovo cavaliere del centro-sinistra italiano (che di sinistra non ha nulla) cioè Di Pietro. Ma questa è un'altra storia...
La storia di oggi, invece, ci riporta di nuovo a Genova, a quelle strade, alle botte ed alle torture. Il 16 settembre 2005, sul quotidiano Liberazione, compare un articolo – a firma Checchino Antonini – dove si raccontava della forte polemica politica tra il senatore Gigi Malabarba, allora capogruppo di Rifondazione ed alcuni sindacati di polizia. Il motivo? Gli ottimi voti che l'allora capo della polizia De Gennaro aveva dato a due funzionari presenti in quei giorni. Non ci sarebbe in realtà molto da stupirsi, sapendo che molti degli uomini che in quei giorni formavano il braccio politico-repressivo del governo sono stati promossi, evidentemente il lavoro fatto alla Diaz, a Bolzaneto e con Carlo Giuliani è piaciuto molto ai “piani alti”.

Non ci sarebbe niente da stupirsi se non fosse che l'altra parte del braccio politico-repressivo della legge, cioè quella magistratura feroce con i deboli e ossequiante con i Potenti, ha comminato una pena di otto mesi di reclusione per Antonini e Piero Sansonetti, allora direttore di Liberazione. Ufficialmente, stando alla sentenza di primo grado, ci sarebbe “diffamazione” da parte del quotidiano comunista verso alcuni di quei tutori della legge che a Genova di legge ne tutelarono una sola: quella del più forte.
È lapalissiana la caratura politica di tale decisione: non si colpisce la stampa cazzara, la stampa dello “sbatti il mostro in prima pagina e poi redimiti” come il filo-governativo Feltri nella vicenda Boffo. È lapalissiana la volontà di colpire un giornalista-giornalista che nella sua carriera si è “macchiato” di vari articoli ed inchieste contro il Potere, come quelli che hanno permesso di tenere i fari puntati sul caso Aldrovandi, il diciottenne studente ferrarese ucciso da uomini in divisa un po' troppi ligi al dovere una notte del settembre di cinque anni fa. È evidente che ai piani alti vogliano aggiungere “Genova 2001” a quel lungo elenco di pagine oscure della storia recente e passata del nostro Paese. Anche per questo bisogna fare il possibile affinché non si torni a dover scontare la pena di “Lesa Maestà”.

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solidarietà al compagno Checchino Antonini ed a Piero Sansonetti