Al grande coro della Guerra Santa al Terrore

Londra (Inghilterra) - «La corte la condanna ad anni 2 di carcere per aver stonato nel coro della guerra santa al terrore». Potrebbe essere questa l'ipotetica fine del processo a Joe Glenton che si sta tenendo in questi giorni in Inghilterra. La “stonatura” di Joe, che ha 26 anni e fino ad un anno fa faceva il caporale per le forze di occupazione britanniche in Afghanistan, è quello di aver detto «NO! La guerra combattetevela da soli!»

Joe si arruola nel 2004 nell'esercito britannico, due anni dopo chiede di essere inviato in Afghanistan, convinto dalla propaganda mondiale che la guerra – qualunque essa sia ed ovunque essa venga combattuta – sia un modo per portare la pace e la democrazia.
Però la guerra è qualcosa di diverso. Non è come gliel'avevano raccontata il governo “democratico” del suo Paese o durante l'addestramento. La guerra “vera”, quella vissuta sulla propria pelle è molto diversa da quella che raccontano nei film, e Joe ne rimane talmente shockato che gli viene diagnosticato il Ptsd, il Disturbo da stress post traumatico, una sorta di “malattia professionale” per chi, alla voce “professione”, ha scritto: fare la guerra. Con una diagnosi del genere non puoi tornare al fronte, perché diventi pericoloso per te stesso e per i tuoi compagni (e l'Inghilterra è tra i paesi più colpiti da lutti tra i militari al fronte afghano), ma l'ottusità dei vertici militari gli impone il ritorno, perché lui “deve servire la Patria”. Joe però di ritornare a fare la guerra, quella guerra ingiusta che uccide indistintamente “terroristi” e civili, e che certo non porta “la pace e la democrazia” proprio non ne vuole sapere. Allora decide di fare una cosa che sempre più si sta diffondendo tra i militari: se ne va di sua sponte. Decide che la sua licenza avrà scadenza illimitata. Così come hanno già fatto 17.000 soldati prima di lui.

Joe è un soldato, è vero. Ma non è un burattino, ed i suoi diritti li conosce. E conosce anche quello Statuto del Tribunale di Norimberga dove si dice che un militare ha l'obbligo legale di non eseguire un ordine illegale. E andare a far la guerra per assecondare i voleri geopolitici ed economici di un altro paese – gli Stati Uniti – è illegale. Portare morte e distruzione, invadere una terra senza averne motivo: tutto questo è illegale, che sia la legge dell'uomo a giudicare o che sia quella di Dio, per chi ci crede naturalmente.

Sono circa 17.000 i casi di diserzione – perché di questo si tratta, in sostanza – ma perché a pagare è soltanto Joe?

Perché Joe decide che quello spartito non solo non lo vuole più cantare, ma vuole impedire che altri proseliti si affaccino al coro che canta le lodi della guerra giusta, pacifica e democratica. Quindi ne inizia a parlare della sua esperienza in pubblico, e questo ai “piani alti”, a quelli che fanno la guerra spostando miniature di soldati e carri armati sulle cartine geografiche, a quelli che – come Gordon Brown – il culo al fronte non ce l'hanno messo neanche per un secondo, quelli che cantano contro, quelli che stonano le loro canzoni di “pace, amore e prosperità” al ritmo di mitra e mortai proprio non piace, e quindi Joe deve essere messo a tacere.
Perché i liberi pensatori in un mondo di burattini sono pericolosi, perché possono portare alla ribellione dal manovratore, e questo non è ammesso, in particolare se vanno a parlare in giro delle loro esperienze.
Joe dunque non può più parlare, perché in un mondo che riconosce come unica legge quella della violenza puoi rifiutarti di uccidere, ma il prezzo da pagare è la tua libertà.
Joe non può parlare, è vero. Ma Sue e Claire – la madre e la moglie – non sono state in guerra, a loro non possono tappare la bocca: saranno loro, dunque, a prestare la voce ai pensieri di Joe, che nel frattempo, visto il grande rumore che la vicenda sta facendo nel mondo – tranne in Italia, dove si discute sempre del nulla – vede derubricare le accuse più pesanti, tra cui quella di diserzione. Ma l'impedimento a raccontare la sua storia, a far sapere a chi in guerra non c'è stato cos'è – davvero – la guerra no, quello proprio non si può fare.

Intanto, nel mondo, la protesta inizia a farsi sempre più forte: firmano petizioni per lui gli obiettori di coscienza israeliani, i pacifisti, i reduci di molte guerre ed in Inghilterra il 70% dell'opinione pubblica si schiera in qualche modo con Joe, dicendo che la guerra non è una cosa giusta, e che i ragazzi che portano in giro l'onore della bandiera con la Croce di San Giorgio devono tornare a casa.

Rifiutarsi di uccidere non è un reato, perché se lo fosse dovrebbero essere portati davanti al banco degli imputati i più grandi genocidi della Storia, quindi non solo quelli fatti dai signori della guerra africani o dai dittatori latinoamericani o asiatici, ma anche quelli perpetrati – con mezzi direttamente od indirettamente violenti – dai governi dei paesi ricchi verso i paesi poveri e da quelle istituzioni, nazionali e sovranazionali, che per i propri interessi permettono tutto questo.

E' possibile inviare messaggi di supporto a Joe all'indirizzo: defendjoeglenton@gmail.com (indirizzo protetto da spam bot), nonché firmare la lettera-petizione per fermare l'incarcerazione di Joe (la trovate qui: http://www.petitiononline.com/Glenton/petition.html)

Perché Joe è un uomo libero, e dopo aver visto la guerra fissandola negli occhi non deve subire il terrorismo del coro che canta quant'è bella, buona e giusta la Santa Guerra al Terrore.