Soppressione volontaria di pianeta.


Più passa il tempo, più vedo i “grandi” della Terra riunirsi in queste mega-riunioni e più mi convinco che prima o poi come definizione di “vertice internazionale” avremo qualcosa di molto simile a: leggi alla voce bluff.
Perché quel che è successo nei giorni scorsi a Copenhagen (o No-hope-naghen, come è stata ribattezzata dagli attivisti dei movimenti di contestazione) non si può considerare nient'altro che per quel che è stato realmente: una riunione dei soliti emissari dei poteri forti dell'economia in politica, i quali ogni tanto hanno questo vizietto di riunirsi in una località a scelta per dare l'idea che si stiano occupando della salvaguardia del pianeta e dell'umanità tutta. A parte che ancora non ho capito per quale motivo si chiamino vertici (le disquisizioni linguistiche le lasciamo però ad altri momenti...), è stata talmente evidente l'inutilità di questa conferenza – termine che mi sembra più appropriato - che i grandi signori del mondo se ne sono scappati nel cuore della notte. Così, come fanno i mariuoli da quattro soldi.

«Nessun impegno vincolante». Potrebbe essere questo il sottotitolo di una eventuale “No-hope-naghen story”. Perché questo è stato il modus operandi nella capitale danese, pieno di “ci impegneremo”,“controlleremo” ed altre tante care belle promesse. Come al solito. D'altronde senza fare promesse da non mantenere non sarebbe stato un vero vertice internazionale.

Mentre i vari Obama, Sarkozy, Wen Jiabao si impegnavano a non impegnarsi, c'era chi – come Ian Fry – non faceva mistero delle lacrime versate al vertice. Perché? Ian Fry è il rappresentante delle isole Tuvalu, destinate a scomparire a causa del surriscaldamento del globo (la popolazione ha per questo chiesto ospitalità alla Nuova Zelanda...) ed è stato probabilmente tra le voci più dure e dissidenti dei giorni scorsi: «Sono sei mesi che abbiamo presentato questo emendamento ed adesso ci viene detto che non c'è abbastanza tempo per discuterlo. Non è possibile che un pugno di senatori (americani, ndr) tenga in mano il destino dell'umanità» dice.

Oltre a Fry, a fare scalpore è stata sicuramente l'area sudamericana. Non tutti, ovviamente:
non certo quel Presidente Lula che pur di continuare a produrre biocarburante firmerebbe qualunque cosa; saranno sicuramente ricordati – invece - i due “nemici dell'impero” per antonomasia: Hugo Chávez Frìas ed Evo Morales il quale, vestito nell'abito tradizionale delle feste degli Indios, ha avuto forse l'unica idea degna di nota di questi giorni: istituire, nell'ambito delle Nazioni Unite, un tribunale ambientale per i crimini contro la Pachamama (la Madre Terra).
Il Presidente venezuelano invece ci ha tenuto a fare il suo “show antimperialista” , denunciando come l'organizzazione poco limpida e non democratica – con documenti che venivano fatti visionare solo ad alcuni dei partecipanti – sia paradigma di come viene amministrata la politica internazionale.

Non c'è stato – invece – l'Obama dei tempi migliori. Il presidente americano – che ormai persegue l'unica politica dell'”obaganda” e della difesa di lobby e potentati vari – si è limitato ad una stantia retorica che fa molto Apocalipse Now (“qui si può o prendere una decisione storica per i nostri figli e nipoti o prendere tempo” è stata l'unica frase memorabile del suo intervento di “ben” 8 minuti...). Il bluff dell'uomo che doveva cambiare il mondo continua. Se non fosse per l'incalcolabile numero di morti che ha fatto inizierei quasi a rimpiangere George W. Bush.
Non contento, il Premio (ig)Nobel per la Pace ha anche definito insufficiente ma comunque un passo avanti straordinario - e qui evito ogni commento – l'accordo. A questo punto sorge però un dubbio: quando dice “insufficiente” sappiamo che si riferisce al destino del nostro pianeta. Non capisco però se con “passo avanti straordinario” si riferisca alla salute del pianeta o ai guadagni delle grandi imprese inquinanti (Shell, Exxon, Monsanto, ecc. cioè le vere vincitrici del vertice).
Ed a proposito di “nomi e cognomi” di chi ci guadagna, bisogna evidenziare come in terra danese si sia anche affrontato il problema delle energie pulite. Peccato che lo si sia affrontato nel verso sbagliato, definendo come “puliti” gli agrocarburanti, cioè una delle cause della crisi alimentare degli ultimi anni e – insieme alla deforestazione – responsabile di oltre il 17% delle emissioni di gas serra (stando all'IPCCC) nonché al terzo posto tra le attività umane responsabili del cambiamento climatico. È stata introdotta in questa lista di “energie amiche dell'ambiente” anche l'energia nucleare, ma solo per il futuro (non so voi ma io la leggo come una “leggera” presa per l'ecologico deretano questa...).

In tutto questo l'Italia si faceva riconoscere, ed anche in questo caso non c'è niente di nuovo: se non facciamo una figura meschina ad ogni vertice internazionale non siamo contenti. Innanzitutto abbiamo bloccato gli accordi, mossa abbastanza prevedibile per un paese che, negli stessi momenti della riunione danese, deliberava sulla creazione di una centrale elettrica a carbone da 1320 megawatt a Saline Joniche in Calabria e che ha raggiunto il colmo quando la nostra Ministra per l'Ambiente – sig.ra Stefania Prestigiacomo – ha ben pensato di mollare i lavori di Copenaghen per tornare in patria e “battezzare” la nuova bicicletta elettrica prodotta dalla Ducati. Quando si è servitori della periferia dell'impero, d'altronde, questi sono i politici che capitano sottomano.

Il non accordo è stato un «patto suicida di distruzione, per mantenere la dipendenza economica da un pugno di Paesi». È stato il grido, disperato, di Lumumba Stanislas Dia-ping, capo negoziatore sudanese che ha guidato il G77 (il blocco dei 130 paesi tra i più poveri del pianeta). Alcuni esponenti del c.d. Primo Mondo hanno storto il naso, hanno parlato di paragone disgustoso quando lo stesso Lumumba ha paragonato i signori che sedevano a quei tavoli e che stavano decretando la morte per surriscaldamento del pianeta ai gerarchi nazisti che idearono i forni crematori per gli ebrei. Ma è risaputo che i paesi ricchi soffrano di un certo imborghesimento e non apprezzino certo chi li critica.

Dicevamo che ogni buon vertice internazionale ha dei “personaggi” che si ripetono, nonostante trascorra il tempo e cambi l'ambientazione. Un personaggio della letteratura classica dei vertici internazionali è l'arrestato. A Copenaghen ce ne sono stati 3, attivisti di Greenpeace, i quali si sono macchiati del reato di lesa maestà: hanno infatti aperto alcuni striscioni – sui quali si potevano leggere slogan come “I politicanti discutono, i politici cambiano le cose” che è stato usato da Greenpeace per dare il benvenuto nel Regno di Danimarca – al ricevimento della Regina. Il giudice li ha condannati a tre settimane di galera. Il vero crimine, però, non lo commettevano i tre attivisti. Il Crimine, quello con la “c” maiuscola appunto, lo stavano commettendo i presidenti ed i funzionari di stato e delle istituzioni sovranazionali, i quali si sono resi correi, assieme alle multinazionali ed alle lobby inquinanti del più grande crimine della storia dell'umanità: soppressione volontaria di pianeta.


Approfondimenti:

Cosa possiamo fare:
Possiamo inviare una e-mail a Barack Obama, Kevin Rudd (Primo Ministro australiano) e ad José Manuel Barroso (Presidente della Commissione Europea) come segno di protesta per il fallimento del vertice [per farlo http://www.greenpeace.org/international/campaigns/climate-change/changethefuture]