the Iranian way of life

Il 2009 è stato, tra le tante cose, l'anno del decennale delle proteste di Seattle contro il WTO, momento nel quale il mondo ha iniziato a conoscere il movimento anti-globalizzazione (nelle varie sfaccettature e con i vari nomi che ad esso si sono via via dati).

«The whole world is watching». Il mondo vi sta guardando, urlavano i manifestanti in quei giorni. Oggi degli altri manifestanti, a migliaia e migliaia di chilometri dagli Stati Uniti, dal centro dell'Impero, stanno manifestando. Per le strade di Teheran e delle altre città della Repubblica Islamica dell'Iran si continua a scendere in piazza per chiedere cose come «libertà» e «democrazia», espressioni poetiche e suggestive, parafrasando Gaber. Già, ma quale «libertà» e quale «democrazia»? Questo dobbiamo ancora capirlo.
La storia degli scontri in Iran – stando ai media del circuito mainstream – si può banalmente riassumere in questi termini: c'è un signore brutto, sporco e cattivo, salito al potere con la menzogna, che vuole la bomba nucleare per distruggere il mondo. È quindi normale che “le forze del Bene Supremo” entrino in azione per impedire ciò e portare quelle libertà e – soprattutto – la democrazia che il popolo oppresso chiede. Semplice, no?
Un lavoro semplice e pulito si potrebbe dire. C'è qualcosa che non mi convince però... Ma iniziamo attenendoci ai fatti, i quali ci dicono che l'Opposizione iraniana ha organizzato imponenti manifestazioni durante la giornata dell'Ashura (il giorno di lutto che celebrano la morte dell'imam Hussein, ucciso in battaglia nel 680 d. C. a Karbala, Iraq) il 27 dicembre. Durante gli scontri derivanti dalla manifestazione sono state uccise una quindicina di persone, tra cui – si dice – anche un nipote di Mir Hussein Mussavi, uno dei leader del famoso Movimento Verde. Presupponendo, ovviamente, che queste morti siano vere, non come quelle di Neda, la giovane iraniana diventata il simbolo mediatico delle proteste nel giugno scorso. Di cosa sto parlando? Leggete un po' qua: [http://blogghete.blog.dada.net/post/1207099806/NEDA:+UN+FALSO+PACCHIANO] e soprattutto guardate un po' qua: [http://www.septclues.com/NEDA/NEDA%20squirt_on%20ketchup.gif]. Non so a voi, ma a me vengono in mente falsificazioni della realtà più vicine a casa nostra, vedasi la falsa aggressione al Premier a Milano qualche settimana fa.

Ogni volta che ho cercato di capire cosa stesse succedendo in Iran, una delle prime cose che mi facevano – e mi fanno tutt'ora – riflettere è il chiedermi, se davvero questo regime iraniano è così mefistofelico, per quale motivo ancora non abbia proceduto alla chiusura della Rete. Basterebbe prendere esempio dalla Cina d'altronde, così l'Occidente non potrebbe più sapere cosa succede laggiù. Eppure è tutto un susseguirsi di messaggi su Twitter, su Facebook, di video su YouTube e di altre informazioni che arrivano tramite internet. Un regime in cui non c'è «libertà» lascia aperto proprio il canale che è riconosciuto dal mondo intero come il canale più libero e democratico che esista? Quantomeno strano direi...

L'Onda Verde iraniana è pilotata dagli Stati Uniti d'America (i capi del Nuova Democrazia Mondiale Organizzata) e da Israele. So che leggendo questa frase molti staranno pensando che questa è solo una teoria complottistica profferta dai sostenitori di Mahmud Ahmadinejad. Bene, se credete questo allora date il benvenuto tra i filo-complottisti al sig. Henry Kissinger ed alla sig.ra – ed attuale Segretario di Stato – Hillary Clinton, perché entrambi hanno confermato la tesi:
« (...)dobbiamo lavorare per un cambio di regime in Iran dall'esterno, ma se comprendo bene le intenzioni del presidente, egli non vuole fare ciò, durante l'attuale crisi, attraverso un intervento visibile”»
Sono le parole – testuali – dell'ex Segretario di Stato all'epoca della presidenza Nixon in un video che circola su YouTune, confermate dall'attuale Segretario (Clinton) che addirittura parla di messaggi fasulli mandati dai servizi di intelligence americani su Twitter.
Ma gli States devono avere un vero e proprio innamoramento – fortunatamente non ricambiato – per l'Iran, visto che è da circa 50 anni che provano a far diventare l'Iran un paese sotto dominio yankee. Nel 1953 difatti, la CIA fece cadere il Primo Ministro iraniano Mohammed Mossadegh, “reo” di essere nazionalista e progressista. E di non perseguire l'american way of life, naturalmente. Venne sostituito da Mohammad Reza Pahlavi, lo Shah, amico degli interessi imperialisti. Non ho intenzione di fare un excursus su quel che è stato l'Iran dal regime dello Shah fino ad oggi, perché dovrei attenermi ai libri di storia. E sappiamo che i libri di storia – come la Storia stessa – è scritta solo dalla mano dei vincitori.

Quel che succede oggi, invece, è ben visibile agli occhi di tutti. Sempre a volerlo vedere naturalmente.
In Iran si manifesta per la democrazia. Bene. Ma quale democrazia? Quella che deriva dal greco e che etimologicamente indica il potere al popolo – cioè la Democrazia “propriamente detta” - oppure una democrazia diversa, di qualche altro tipo? Nel rapporto burrascoso tra Occidente ed Iran potremmo parlare – più che di scontro tra civiltà – di scontro tra democrazie. Perché se la democrazia che si vuole instaurare in Iran è la prima versione, quella che riporterebbe alle decisioni prese all'agorà come ai tempi degli antichi greci allora sì, è un tipo di democrazia accettabile. Ma se – come è palese – il tipo di democrazia che si vuole attuare nel paese degli ayatollah è un tipo di democrazia occidentale, che persegue il caro vecchi modo di pensare ed agire americano, allora no. Non lo si può accettare. Qualcuno potrà obiettare che in Iran c'è un unico soggetto – la Guida Suprema – come organo di controllo del sistema politico e che, per questo, non si può parlare di democrazia. E potrà anche obiettare che lo stesso sistema che vuole la religione al di sopra del potere politico (che quindi controlla) non è «democrazia». Il perché però sarei davvero curioso di capirlo, visto che non lo comprendo. O per lo meno non lo comprendo se prendo il termine tout court, senza orpello alcuno. Anche perché penso che stati come l'Arabia Saudita – ad esempio – siano nelle stesse condizioni politiche dell'Iran, ma nessuno si sogna di definirla una dittatura. Forse perché l'Arabia Saudita si è schierata nella coalizione bella, buona e giusta del mondo?

«Definire la democrazia è importante perché stabilisce cosa ci aspettiamo dalla democrazia. Al limite, se andiamo a definire la democrazia «irrealmente» non troveremo mai «realtà democratiche». E quando dichiariamo, di volta in volta, «questa è democrazia», oppure che non lo è, è chiaro che il giudizio dipende dalla definizione, o comunque dalla nostra idea di cosa la democrazia sia, possa essere o debba essere.
Se definire la democrazia è spiegare che cosa vuol dire il vocabolo, il problema è presto risolto: basta sapere un po' di greco. La parola significa, alla lettera, potere (kratos) del popolo (demos). Ma così abbiamo solo risolto un problema verbale: si è soltanto spiegato un nome. Il problema di definire la democrazia è assai più complesso.»

ci dice Giovanni Sartori – probabilmente il più insigne politologo nostrano – nell'incipit del suo libro “Democrazia. Cos'è.”. Ed è proprio questo quel che mi fa dubitare su quel che si sta attuando in Iran. Perché se leggo il tutto sotto l'ottica del dominio imperialista allora sì, tutto mi è più chiaro. Lapalissiano, direi.
Se guardo alla politica letta con i vecchi para-occhi delle dicotomie tra “bello” o “brutto”, “giusto” o “sbagliato”, “buono” o “cattivo” io, occidentale, vedo in Ahmadinejad un mostro dall'aura mefistofelica, considerato peggio dell'Anti-Cristo. Se invece cerco di leggere il tutto in un'ottica diversa, in un'ottica che tenda a voler capire quali interessi ci siano dietro all'uno – Ahmadinejad – ed all'altra – l'Opposizione – la vedo in un modo diverso, direi quasi antitetico. Ahmadinejad, checché se ne dica e se ne pensi, in questi anni ha dato l'assistenza sanitaria gratuita a qualcosa come 22 milioni di iraniani – cosa che neanche il paladino della Nuova Democrazia Organizzata Mondiale Obama è riuscito a fare con gli americani – aumentando lo stipendio del 30% agli insegnanti, ha garantito il pagamento delle bollette agli iraniani più poveri aumentando del 50% le pensioni agli anziani, permettendogli di arrivare a fine mese. Insomma, ha fatto una politica di stampo comunista, come si sarebbe detto una volta. E si sa che per gli americani i comunisti sono stati sempre un boccone amaro da digerire, basta vedere quel che tentarono di fare in Italia ai tempi di Moro, Gladio e compagnia cantante. Per la gente comune quelle politiche sarebbero lodate anche in paesi “democratici” come gli Stati Uniti o qui, a casa nostra, figuriamoci se non siano accettate dalla gente comune in Iran. E si sa che quando si vota – che lo si faccia in Italia, in Iran o in qualunque altro paese – la croce la si mette sul simbolo che ci ha fatto riempire di più la pancia. È sempre stato così.
Dall'altro lato, all'Opposizione, spiccano i “riformisti”. Non fatevi ingannare dalle parole – nell'epoca della mediatizzazione della vita è difficile, ma ci si può riuscire – quei “riformisti” sono definiti con tale epiteto solo perché vogliono instaurare in Iran un regime filo-imperialista, per cui nell'ottica delle etichette ideologiche, rappresentano i “buoni”. Perché? Perché lo dice lo zio Sam! Quello stesso zio Sam che ha messo immediatamente sotto silenzio i brogli elettorali in Afghanistan – lo stesso motivo degli scontri in Iran – perché a perderci era il loro uomo (Hamid Karzai). Solo un caso questa diversità di trattamento?
Questi “riformisti” - Moussavi, Rafsandjani, Khatami – sono riformisti in quanto il loro scopo è quello di de-statalizzare l'economia iraniana, in puro stile liberista, portandola in un regime di privatizzazione piena (Margharet Tatcher docet) al fine sia di averne un tornaconto personale – la maggior parte di loro, infatti, in Occidente verrebbe etichettato sotto la vecchia dicitura di borghesia ricca – sia in funzione filo-occidentale, perché permetterebbe all'Iran di conformarsi ai desideri di matrice occidentale (leggasi: entrata in vigore dell'american way of life).

L'attuale regime deve cadere perché pone in essere un modello diverso dalla civiltà americana, che viene così minata alle fondamenta. E questo gli americani non lo possono permettere. Non possono permettere il declino della pax americana, nonostante quel che si prospetti da qui a qualche anno non è più uno scacchiere geopolitico mono-centrico, ma pluri-centrico, dove le forze antagoniste sapranno instaurare un modello altrettanto forte in contrapposizione al modello americano. Ed è proprio questo quel che più inastidisce chi si aggira nella stanza dei bottoni dell'Ordine Mondiale così come lo conosciamo oggi: che un paese come l'Iran, un paese che se fosse stato in Occidente sarebbe stato una super-potenza, non sia imbrigliabile, e per questo c'è bisogno che qualcuno saboti dall'interno il regime iraniano. Perché gli americani - parafrasando di nuovo Gaber -non fanno le guerre, né in prima né per interposta persona. Civilizzano.