I preparativi natalizi del governo di Mafiopoli


Il bluff e la gramigna. Questo potrebbe essere un ottimo sottotitolo per questo post. Il bluff è che il governo di Mafiopoli – o il mafio-governo italico, vedete un po' voi come volete chiamarlo – stia combattendo la mafia. La gramigna, l'erba cattiva che non muore mai, è proprio lei: Cosa Nostra. Ma procediamo per gradi.

In quest'ultimo periodo sembra essere estremamente facile la lotta alla mafia. O almeno stando all'informazione mainstream, visto che praticamente ad ogni edizione dei tg possiamo sentire frasi del tipo: “arrestato il super boss di x”, “duro colpo alla mafia: arrestato reggente di y”, e nelle descrizioni che seguono ogni mafioso - dal vero esponente della Cupola all'ultimo dei galoppini – viene descritto come il pericolo pubblico numero uno. Quello che, una volta arrestato, la mafia non esiste più.

E quindi partono le congratulazioni,: “il nostro governo è il migliore nella lotta alla mafia degli ultimi 150 anni” et similia. E si vede il premier-ferroviere che col suo blocco facciale spacciato per sorriso annuncia che la mafia è come la crisi economica: una minchiata! (Ah no, quello è Feltri...). Peccato che non abbia mai visto sui giornali, nemmeno su quelli di famiglia,
Berlusconi arrestare un mafioso. Nemmeno il più piccolo ed insignificante! Perché indagini e arresti sono fatti dagli uomini delle forze dell'ordine, quelli che – grazie a questo governo – devono lavorare gratis, quelli a cui non vengono pagati gli straordinari, quelli che devono portarsi la carta da casa, altrimenti rischiano di fare come al Reparto Scorte a Palermo, dove sono quasi stati costretti a scrivere dietro al foglio di servizio del 23 maggio 1992, cioè quello della scorta al giudice Giovanni Falcone!

Il governo combatte la mafia. Dopo aver smesso di sbellicarvi dalle risate guardiamo un attimo quel che realmente sta succedendo, e focalizziamoci sugli ultimi due arrestati:

Il primo è Giovanni Nicchi, detto “Tiramisu” o “'U Picciutteddu” (“il giovane” in siciliano), boss di Pagliarelli e numero 25 nel “codice Provenzano”. Prima dell'arresto era considerato l'astro nascente della “nuova” Cosa Nostra. C'è qualcosa che non torna, però. Perché se “Tiramisu” era l'astro nascente probabilmente Cosa Nostra ha sbagliato cavallo su cui scommettere. C'è un particolare – passato immediatamete sotto silenzio – che mi incuriosisce e che viene ripreso anche da Gioacchino Genchi: Nicchi è stato infatti arrestato vicino al Palazzo di Giustizia di Palermo. Ora o questo più che l'astro era il disastro nascente per comprovata stupidità – perché se sei un mafioso intelligente non ti fai beccare vicino al Palazzo di Giustizia – oppure aveva tutto l'interesse a farsi catturare. Come dire: «tenetemi in carcere che dietro le sbarre sono più al sicuro», e qui sorge la domanda: “da chi stava scappando Nicchi?”. Oppure, terza ipotesi: è stato arrestato perché qualcuno ha voluto farlo prendere?

Il secondo arresto “eccellente” è Gaetano Fidanzati, 75 anni, boss dell'Arenella-Acquasanta e ricercato per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione ed altro ed inserito – fino al momento dell'arresto, ovviamente – nella speciale “top 30” dei latitanti più pericolosi d'Italia.
Gaetano Fidanzati ha una certa abitudine al carcere, che per lui sembra più un albergo dal quale entrare ed uscire (quasi) a suo piacimento. Essendo gravemente malato, infatti, le sue condizioni di salute non gli permettono di reggere la vita carceraria, per cui tra pochi giorni i cancelli si riapriranno per farlo passare, questa volta in direzione “libertà”. Ma di questo, sicuramente, i media di Mafiopoli, in particolare quelli vicini al governo, non ne parleranno. Potete starne certi...
Quindi: uno che quasi voleva farsi arrestare, un altro gravemente malato; sicuramente una grande vittoria per il governo!
Non commento poi le sceneggiate napoletane degne del miglior Mario Merola viste in tv al momento degli arresti. Mi limito a riportare le parole del già citato Dott. Genchi, che sicuramente è più esperto di me in faccende mafiose:
«(...)I veri poliziotti che hanno fatto quella cattura si sono vergognati e se ne sono andati e mi hanno telefonato, mi hanno detto qui stanno facendo uno schifo, perchè hanno organizzato una messinscena davanti alla questura, portando le persone loro, con i pullmann, per organizzare quell'apparente solidarietà alla polizia. Ma vi rendete conto di cos'è l'Italia? Che livello di bassezza abbiamo toccato? Che livello di mistificazione?»
Se la lotta alla mafia si limitasse solo agli arresti, tutto sommato, si potrebbe anche vedere la cosa in maniera positiva. Ma sappiamo bene che mettere in carcere i killer, oggi, non è che la minima parte del lavoro antimafioso. Perché oggi la mafia non è più quella delle lupare, o per lo meno non solo quella. La generazione successiva alle lupare è quella degli abiti eleganti e delle azioni nei portafogli. Ma anche in questo caso procediamo per gradi, e focalizziamoci su un paio di iniziative che il governo – il famoso governo che combatte la mafia – sta portando avanti.

La prima è lo scudo fiscale. Con questa trovata quelli che hanno i conti all'estero – volgarmente detti evasori – riporteranno in Italia i propri soldi, guadagnati non si sa come, e chiuderemo la cosa con un bel “e vissero tutti felici e contenti”. Questi “gentili patrioti” avranno poi anche lo sconto, visto che subiranno una tassa per il rientro del 5% invece che del 50%. Ma poi, detto sinceramente, punto primo: esiste in questo paese una persona talmente ingenua da credere che queste somme rientreranno davvero? Punto secondo: i mafiosi avranno tutto l'interesse, vista questa promozione, a riportare su piazza il denaro tenuto all'estero, ed il perché lo si capisce immediatamente con la seconda iniziativa governativa.

L'associazione Libera di Don Luigi Ciotti ha definito la campagna – con annessa petizione - contro questa iniziativa: “I beni confiscati sono cosa nostra”. In che consiste? Nella finanziaria è stata inserita una norma che permette allo Stato di vendere i beni confiscati alla mafia, che invece – di solito – dopo la confisca vengono destinati al riutilizzo sociale. Molto noti, ad esempio, sono i prodotti di Libera Terra, che lavora proprio sui terreni confiscati. Tramite quella norma in finanziaria, sarà possibile per i boss rientrare in possesso di tutte le proprietà confiscate, riportando così la lotta “economico-culturale” contro la mafia indietro nel tempo. Non uso la dicitura “economico-culturale” a caso. Perché è evidente che sottrarre possedimenti alla mafia sia per i discendenti dell'“Onorata Società” una perdita dal punto di vista economico, o per meglio dire finanziario. Ma ancor più importante è il contraccolpo culturale che questo procedimento – fortemente voluto da Pio La Torre, al quale si deve anche la creazione del reato di associazione mafiosa (legge Rognoni-La Torre), anche questa in procinto di eliminazione da parte del governo di Mafiopoli – avrebbe su Cosa Nostra e sulla criminalità organizzata in generale.

Due emendamenti in particolare sono da tenere d'occhio, con i quali:
  • gli enti locali ove sono ubicati i beni confiscati che non è stato possibile destinare entro i 90 giorni previsti, potranno esercitare il diritto di prelazione sulla vendita;
  • il personale delle forze dell’ordine e dell’esercito possono costituire cooperative edilizie alle quali è riconosciuto il diritto di opzione prioritaria sull’acquisto dei beni confiscati messi all’asta,
norme totalmente inapplicabili perché si sta improntando una politica di tagli di trasferimenti agli enti locali e le forze dell'ordine non hanno nemmeno i soldi per la benzina delle auto di servizio – che infatti comprano grazie ai loro portafogli – e quindi figuriamoci se avranno la forza economica di costituire cooperative edilizie e consimili.

È ovvio quindi che a beneficiare di queste norme saranno i boss, ai quali non mancano né liquidità né prestanome ai quali intestare le proprietà di cui entreranno nuovamente in possesso.

Insomma: l'ennesima presa per i fondelli!
Come se non bastasse – quando si dice: “oltre il danno la beffa” - al miglior governo che combatte la mafia degli ultimi 150 anni, è venuta la brillante idea, visto il clima natalizio, di allargare la base di applicazione del processo breve anche a mafia e terrorismo. Cosa significa questo? Che tutti i processi di mafia – mi limito ad enunciare solo quelli perché di mafia mi occupo in questo post – dovranno avere una durata massima di 6 anni, cioè 2 anni per ogni grado di giudizio. Niccolò Ghedini e Piero Longo, avvocati del premier e creatori della norma, sono indecisi se far durare il tutto così tanto tempo. Si parla addirittura di una durata massima – comprensiva di tutti e tre i gradi, dunque – tra i 3 ed i 4 anni. Sarà praticamente inutile qualunque tentativo di indagine in questo campo, dove sicuramente un'indagine non la si chiude in una settimana. Non so voi come li chiamate, ma a me questi sembrano proprio dei gran regali alla criminalità organizzata. Ma d'altronde siamo in clima natalizio, no?