Una briciola può cambiare il mondo

Innanzitutto, prima di iniziare questo post, devo un enorme ringraziamento alla mia meravigliosa amica Laura Barone, il cui preziosissimo lavoro fotografico fatto durante la manifestazione a Bologna serve ad “illustrare” ciò che leggerete. Come vedrete pur parlando di violenza sulle donne, non ci saranno immagini di donne che si proteggono da violenze, di donne picchiate et similia, perché uno stereotipo del genere lo lascio volentieri ai media del circuito mainstream.
Detto questo, partiamo.

Sbatti il mostro in prima pagina”. Purché sia straniero, dovremmo aggiungere.

È questo il leit-motiv con cui i media ufficiali, dall'abominevole house-organ “Giornale” (utile solo per fare quel che i leghisti una volta volevano fare con la carta costituzionale...) alla pasionaria Repubblica (pasionaria solo quando qualcuno mette piede nel suo orticello, altrimenti si allinea ai diktat governativi...) si pongono nei confronti delle violenze di genere.
Perché se sei straniero – se vieni da un qualche posto “stuprato dagli anfibi della NATO”, come dicevano una volta i 99 Posse – allora sei un mostro. Ce l'hai scritto nel DNA. Anche se dal tuo paese sei scappato per le mine antiuomo che un paese ex-civile come l'Italia ha prodotto; anche se sei scappato da un paese in cui ti svegli per il suono degli allarmi che ti avvisano di imminenti bombardamenti come in Palestina; anche se scappi da un paese in cui è stata creata una guerra per rubare e permettere al Primo Mondo di mantere il suo stile di vita come in Afghanistan, in Iraq o in qualche zona della fascia sahariana come il Darfur. Mentre se sei un americano, o se sei semplicemente italiano tutto questo non vale. Sei considerato comunque “la vittima”. Perché ti ricattavano, perché “quella mi ha provocato. Sapete com'è marescià: la carne è debole”. E ancora meglio ti va se - tante volte – oltre ad essere di pura razza arian...ehm..volevo dire italiana, indossi anche una divisa! Allora puoi veramente fare quel che ti pare in questo paese, tanto l'unica cosa che ti possono fare è darti una promozione. Lo abbiamo visto con gli uomini della “macelleria messicana” alla scuola Diaz durante il G8 di Genova del 2001 (ferita ancora aperta nella storia recente di questo paese...), lo vediamo tutti i giorni nelle carceri o negli sgomberi (come all'Horus occupato a Roma, in cui c'è anche una magistrale figura di merda delle guardie, come si evince facilmente osservando il video).

Lo abbiamo visto in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, quando a Milano alcune compagne che stavano facendo volantinaggio sono state caricate dalla polizia, cioè da quella stessa gente che, almeno in linea teorica, la sicurezza te la dovrebbe assicurare. Continuando così ci toccherà chiamare le forze dell'ordine per denunciare le aggressioni di altre forze dell'ordine!




Ma andiamo avanti...
Il 25 novembre è stata la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Io ero a Bologna, alla manifestazione tenutasi in p.zza del Nettuno, dove c'è stata una cosa che mi ha colpito più di tutte: la poca presenza maschile. Mi si obietterà – come è stato fatto – che forse quella non era l'occasione migliore per una forte presenza maschile, ma io la vedo in un modo diverso. Molto diverso. A questo punto, se lavorassi per un media mainstream, dovrei ricopiare in questo spazio dati, cifre e percentuali di tutte le violenze, gli stupri e le aggressioni che subiscono le donne in questo paese e nel mondo. Ma siccome a) non lavoro – fortunatamente – in quel circuito e b) i numeri non mi sono mai piaciuti più di tanto, preferisco fare altro. Preferisco chiedermi il perché di quella poca presenza di noi maschi in piazza, ad esempio. Oltre al già indicato – che però non era certo un divieto, visto che il sottoscritto, nel periodo in cui è rimasto alla manifestazione, non è stato allontanato dalle organizzatrici – l'unico motivo che mi è venuto in mente in questi giorni, mentre pensavo a cosa scrivere in questo post, è stato che noi uomini siamo una gran massa di codardi. È per quello che non c'era quasi nessuno lì in piazza. Perché ci vergognavamo di farci vedere dal collega, dal capo-ufficio o dall'amico “macho” che considera le donne come mero strumento riproduttivo, e quindi poi sarebbe stato imbarazzante durante la pausa caffé, fare le solite battute che si fanno tra “uomini”. È un fatto di appartenenza di genere, di sopravvivenza nella specie. Se vuoi stare nel branco devi comportarti come il branco. E se il branco decide di andare a stuprare una quindicenne, com'è successo a Montalto di Castro, Viterbo, beh...mica vuoi farti prendere per il culo dai tuoi amici? Marinella – questo il nome della ragazza – è stata però coraggiosa, andando a denunciare i suoi aggressori. Come ringraziamento è stata abbandonata da un paese il cui sindaco ha stanziato qualcosa come 40.000 euro per salvare “quei bravi ragazzi” degli stupratori. Perché erano tutti made in Italì, quindi “intoccabili”, ragazzi al di sopra di ogni sospetto.
Cultura. Ecco dove sta il problema. E se è vera la massima che ogni problema porta con sé la propria soluzione, con un altro tipo di cultura possiamo debellare il machismo di cui la nostra società è intrisa. Non pretendo di trovarmi di fronte un novello Gandhi, che semplicemente passeggiando e mettendosi a sedere instillò in alcuni la cultura della non-violenza, risposta allo strapotere militare dell'impero britannico, ma tanti piccoli “pensatori”, tanti piccoli uomini che inizino a ribellarsi a quel tipo di humus culturale che vuole l'uomo-dominatore e la donna-dominata. Perché i danni che fa il machismo non sono tanto quelli esteriori, non sono tanto i lividi, il sangue e le ossa rotte. Quelli in qualche modo passano. Col tempo. Il machismo è un po' come l'amianto. È un killer sottile, perché ti entra dentro, e a poco a poco ti distrugge, ti mangia l'anima. Essere poi l'oggetto od il soggetto perpetratore della violenza non fa molta differenza, perché in qualche modo di quella cultura che ti definisce come “vittima indifesa” nel primo caso o come “picchiatore incallito” (e non solo...) nel secondo sei sempre vittima di quell'universo in cui tale idea è venuta a crearsi. Ma questo non vuol dire che, essendo entrambi i lati della violenza le vittime, siano ambedue da giustificare, da compatire. Perché nessuna delle due parti è costretta a rimanere vittima per sempre. E tanto meno vale l'associazione “macho picchiatore e stupratore= mostro”, perché non esistono mostri a questo mondo. La maggior parte delle violenze sessuali sono fatte tra le mura di casa, ci dicono. A maggior ragione dobbiamo toglierci dalla testa quell'equiparazione, perché padri, zii, fidanzati, amici non sono mai mostri. Sono uomini, e come tali possono essere combattuti, fisicamente e culturalmente. Sì, lo ripeto di nuovo: culturalmente. Tramite la destrutturazione di quest'idea – anche abbastanza arcaica e stantia – che vede il maschio come l'Atlante che regge sulle sue spalle il peso del mondo e la donna “piccola e indifesa” protetta da questo omaccione grande e grosso.

Joy ed Hellen – due donne carcerate nel lager milanese di via Corelli meglio noto come CIE – hanno provato a ribellarsi. Vi riporto un passaggio dell'articolo di Indymedia Roma in merito:

“Martedì 13 ottobre si è chiuso il processo di primo grado contro i reclusi e le recluse accusate dalla Croce Rossa di aver dato vita, ad agosto, alla rivolta contro l’approvazione del pacchetto sicurezza nel Cie di via Corelli a Milano. Nel corso del processo una di queste donne, Joy, ha denunciato in aula di aver subito un tentativo di stupro da parte dell’ispettore-capo di polizia Vittorio Addesso e di essersi salvata solo grazie all’aiuto della sua compagna di cella, Hellen. Inoltre, entrambe hanno raccontato che, durante la rivolta, con altre recluse, sono state trascinate seminude in una stanza senza telecamere, ammanettate e fatte inginocchiare, per essere poi picchiate selvaggiamente prima di essere portate in carcere. Dopo essere state condannate a sei mesi di carcere per la rivolta, ora Joy e Hellen rischiano un processo per calunnia, per aver denunciato la violenza subita. ”


Se parli muori. Una volta era una massima mafiosa. Oggi evidentemente la violenza – fisica e psichica – come unico viatico per il mantenimento del potere è prerogativa non solo degli “uomini d'onore”.

La polizia stupra nei Cie”, questa la frase che ha scatenato la carica della polizia nel video ivi riproposto. I Cie: Centri di identificazione ed espulsione. Posti al cui confronto i lager nazisti avevano una qualche parvenza d'umanità. Perché almeno nei lager “propriamente detti” non c'erano quelli della Croce Rossa Italiana che con i poliziotti manganellano le/i carcerate/i. E loro sarebbero quelli “delle parole di conforto”, degli “aiuti agli indifesi”. Ma si sa: se vuoi rimanere nel branco devi comportarti come il branco.

Quello stesso branco che dipinge Brenda, la trans uccisa nell'affaire-Marrazzo, come il deus-ex-machina di un complotto ordito ai danni dell'ex governatore della regione Lazio. L'unica attenuante di Marrazzo è quella di essere un uomo. E quindi è lui la vittima. Deve essere lui la vittima. Perché così gira il mondo. Mondo è e mondo sarà. Perché le trans sono “anomalie” del sistema, non sono “cose normali”. Ci stanno gli uomini-uomini e ci stanno le donne-donne. E basta. Non esistono altre categorie. È quindi normale che ciò che rispecchia il modello dominante sia la parte lesa. Altrimenti tutto il modello su cui si regge questo paese si blocca. E se si blocca il modello c'è il rischio che qualcosa possa cambiare, che si possa instillare qualche piccolissimo frammento di un modello nuovo, migliore di quello in cui viviamo adesso.

E se pensiamo che la mega-macchina del CERN è stata fermata da una semplice briciola di pane, la speranza che qualcosa cambi anche qui, nella disastrata Italia, diventa più vivida che mai. Magari invece che una briciola di pane sarà un granello di sabbia, un filo d'erba o chissà cosa. Ma tutto si evolve prima o poi, e questo primitivo paese non è – non deve essere – da meno...