Siamo tutti vittime del (anti)Sistema?

L'altro giorno – mercoledì 21 – ero al bar a chiacchierare con un'amica e collega davanti ad un'ottima tazza di caffé (non so perché ma dopo lezione il caffé si prende con più gusto, sarà anche merito o colpa della compagnia...) quando entra una ragazza enfatizzante perché di lì a poco sarebbe andata ad assistere ad una conferenza di Marco Travaglio.

Fino a non molto tempo fa più o meno quella sensazione ce l'avevo anch'io. Voglio dire: hai più o meno 20 anni d'età, sei nel periodo in cui sei “contro”, a prescindere. Cosa c'è di meglio di uno che va addirittura contro il nemico pubblico numero 1 e la sua cricca (cioè Berlusconi...)? Cosa c'è di meglio dell'accodarsi ad un “messia dal Veritiero Verbo” seguendolo con tanto di bava alla bocca? Sembra un po' quel modo di fare della tattica militare denominato “Search and Destroy”. Creati un nemico che puoi vedere in faccia, cercalo e distruggilo, con ogni mezzo.
Perché è questo quel che mi sto convincendo stiano facendo da un po' quelli che Paolo Barnard definisce “paladini dell'Anti-Sistema”: tutto il male viene da Berlusconi. Cioè viene dall'uomo Berlusconi. E quindi va denunciato, demonizzato, delegittimato. A meno che tu non sia Massimo D'Alema che nel 1994 crea la Bicamerale per non vittimizzarlo. Quindi non gli si concedono “scappatelle”, ma allo stesso tempo si chiude un occhio per amici e parenti che – perdonate la brutalità – vanno a puttane (e non nel senso metaforico del termine), si giustifica l'amico imprenditore e che dichiara 50 invece che 100 perché “in questo paese si pagano troppe tasse inutili”; non ci scandalizziamo se l'amico o il vicino di casa usa le autorizzazioni per disabili senza averne il diritto perché “in questa città non si trova un parcheggio neanche a pagarlo oro!” et similia.
Il concetto – tanto per non tirarla per le lunghe – è che si combatte il simbolo del malcostume, ma non il malcostume.

Mi sono sempre chiesto perché se uno censura “da destra” - mi riferisco ai giornalisti o comunque a quelli che si occupano di cultura mainstream – sono visti come dei debosciati al servizio del padrone di turno mentre se quelle stesse cose vengono fatte “da sinistra” si chiamano “lotte per la libertà”. E' come quando i nostri militari subiscono attentati nelle zone di guerra che vengono definiti “terrorismo” mentre quando quegli stessi attentati (o stupri, come nella Somalia raccontata dal diario Aloi)li fanno i nostri “eroi” si chiamano “missioni di pace”. Certo, in un paese in cui nel 2009 bisogna fare i conti con un forte analfabetismo di ritorno che non si conoscano i significati delle parole è cosa normale...
Visto che in questo paese si dice che i fatti sono scomparsi (ma nonostante un quotidiano ad essi intitolato non mi sembra stiano facendo ritorno...) atteniamoci a loro e facciamo un esempio pratico: tutti avrete sentito nominare Tarantini, quello che procurava le “signorine” al Premier. Per quanto se n'è parlato di 'sta storia? Per settimane intere sembrava che in questo paese non succedesse altro! Tutti pendevano dalle labbra della D'Addario o da quelle di qualche altra ragazzetta arrivista, mentre nel paese 5 persone al giorno – fino a 10 anni fa erano 3 – non tornavano più a casa dal posto di lavoro perché con i “tagli” non c'è più sicurezza nei cantiere e nelle ditte, per cui ti tocca lavorare quasi 24h su 24 con una sicurezza che definirla tale ci vuole un certo senso per l'assurdo. Ma raccontare queste storie non fa audience, quindi meglio lasciarle perdere, no? Tra l'altro – piccolo inciso – non capisco perché quando si parla di tagli lo si fa ovunque (assunzioni, sicurezza etc etc) ma non si tagliano mai i mega-stipendi dei dirigenti (tanto per dirne una: il sig. Montezemolo, che tra qualche mese ritroveremo alla testa di qualche partito, percepisce qualcosa come 400 volte lo stipendio di un operaio, che di certo si fa un culo ben maggiore del Presidente della Ferrari S.p.A. Ma questa è un'altra storia...).

Dicevo: molti pendevano dalle labbra di queste signorine, e molti lo fanno ancora. Chi? Gli stessi individui che si ergono ad Anti-Sistema. Quegli stessi che piuttosto che parlare del petrolchimico di Gela o di Porto Marghera o dell'uranio impoverito preferiscono parlare di quante pasticche di Viagra deve prendere il Premier per fare le sue cose (mi chiedo se rigirata la faccenda – cioè se al posto de Sirvio ci fosse uno dei leaders della sinistra – ci sarebbe lo stesso clima. Ma anche questa è è un'altra storia...). Perché lo fanno? Forse perché senza il c.d. “Sistema” non sarebbero niente. O comunque dovrebbero guadagnarsi il pane in ben altro modo. Prendiamone uno a caso: Marco Travaglio (noto ormai in casa mia col nome di “ex-mito”...). Avete presente la scena con cui durante alcune puntate di AnnoZero mostrava fiero la sua fedina penale immacolata? Ecco, da oggi credo avrà difficoltà a rifarlo, visto che è stato condannato per diffamazione. Eppure da quel che so “narra la leggenda” che il suo archivio sia infallibile. Per cui mi viene da chiedermi se, da uno che ha fatto della puntigliosità nella ricerca delle fonti un mantra, un errore del genere ( nel suo libro “Il manuale del perfetto inquisito” si dice che l'ex giudice Filippo Verde, titolare del processo SME fosse stato “più volte inquisito e condannato”, cosa completamente falsa...) non sia da attribuire a semplice malafede. Perché se così non fosse bisognerebbe ammettere che Travaglio sbaglia, e se sbaglia diventa solo uno dei tanti “scribacchini” di cui è infestato questo paese. O no?

"Se uno e' asservito e' controllabile, si conoscono le dimensioni del suo guinzaglio, e si sa anche chi lo tiene in mano il guinzaglio".

Ora: indipendentemente dal voler far polemica o meno, se un giornalista dichiara espressamente la propria appartenenza politica, è ancora credibile? Mi spiego meglio, anche perché – come è ben espresso in una meravigliosa scena di Fortapàsc – ci sono giornalisti e giornalisti. Ci sono i “giornalisti-giornalisti” ed i “giornalisti-impiegati”. E questo, come dice il capo-redattore di Giancarlo Siani, non è un paese per “giornalisti-giornalisti”.
Trovo ineccepibilmente vero questo passaggio del film. E non mi riferisco ai vari – e mai abbastanza bistrattati – Fede, Vespa e compagnia cantante. Quelli sono solo i “manifesti” di un malcostume giornalistico che è quello di asservirsi al signor padrone, sia per fargli da portavoce che per fargli da “controcanto”. Per fare i giornalisti-impiegati, appunto.

“Chi non ha il guinzaglio in televisione in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell'altro un suo guinzaglio ce l'ha. Si tratta a volte di scoprirlo, per quelli piu' furbi, che lo nascondono meglio, per altri si tratta di capire quanto e' lungo, ma non c'e' dubbio che chiunque lavori in televisione nei posti chiave, che si occupano di informazione, di attualita', o che si occupano di settori limitrofi, il guinzaglio c'e' e lo tiene in mano qualcuno. Poi ci puo' essere qualcuno che ha il guinzaglio e pure e' bravo, non e' mica escluso, e' difficile, ma non e' escluso; la regola e' comunque che ciascuno deve essere controllabile e ciascuno deve essere prevedibile , ciascuno deve avere qualcuno che garantisce per lui altrimenti sulla base delle proprie forze e delle proprie gambe li dentro non ci si entra."

...continua Barnard. Si potrà anche obiettare che questo signore – sconosciuto ai più – è geloso perché Travaglio&Co. stanno in televisione e lui no. A lui tocca usare la rete. E proprio dalla rete prendo la sua descrizione (http://www.paolobarnard.info/chi.php), così che ognuno possa poi trarne le conclusioni che più gli aggradano.

Ma riprendiamo il discorso della dicotomia tra giornalista ed impiegato. Poche righe fa ponevo la domanda se sia possibile considerare credibile il lavoro di un giornalista (da ora in poi, salvo specifiche, uso questo termine in accezione “neutra”) che ha fatto outing politico. Qui potremmo aprire l'annoso dibattito sull'obiettività del giornalismo, ma visto che – pur essendo semplicemente un blogger e non ancora un giornalista – appartengo alla scuola che teorizza la non obiettività del giornalismo visto che per quella esistono i bollettini ufficiali, direi che l'unico modo per fare questo mestiere, che alcuni considerano più una missione, sia quello di rifarsi all'idea del giornalismo d'inchiesta che hanno negli Stati Uniti d'America, che di cazzate ne farà tante (esportazioni di pace, vincita di Premi Nobel alle intenzioni, Mc Donald's...), ma che ogni tanto qualcosa di buono la sforna.

Li chiamano “watchdog”. Cani da guardia. Il loro compito è quello di sorvegliare il Potere – quello con la “P” maiuscola – e denunciarne le malefatte. Un caso tipico è quello di Bob Woodward e Carl Bernstein, noti come “quelli del Watergate”. Ora, uno dirà: qual'è la differenza tra loro due e i giornalisti “alla Travaglio”, che ti riportano dati e cifre di queste malefatte? La differenza è che Woodward e Berstein non si fermarono di fronte alle loro convinzioni politiche (guardatevi “Tutti gli uomini del Presidente” di Alan Pakula se non l'avete mai visto...), mentre i nostri “cavalieri che fecero l'impresa” non si permetterebbero mai di andare a toccare quei centri di potere che gli permettono di scrivere libri su libri o di stare tutte le sere in televisione (e “Il Fatto Quotidiano” ne è lampante esempio).

Ecco un altro punto da dirimere: se un giornalista sta in televisione fa veramente il suo lavoro? Escludiamo quelli che presentano i tg o i giornalisti che lavorano al loro interno, ma quelli che si definiscono “liberi” lo sono davvero? Quelli che dicono di avere come mantra la “Verità” e la “Giustizia” siamo davvero sicuri che non abbiano altri interessi?
Perché più passa il tempo e più si rafforza l'idea che se una cosa il Potere te la fa fare (parlo del Potere inteso come gruppi di potere, come potentati che inficiano sulla nostra quotidianità) vuol dire che non ne ha paura, e se non ne ha paura non può fargli male.
Esempio “classico” sono le manifestazioni, quelle per la difesa di questo o quel potentato contro qualche altro potentato. Guardavo prima il Tg5 e mi ha colpito il servizio riguardante la manifestazione di non so quali precari (credo della scuola, ma stavo chiacchierando e non ci ho fatto caso...) e mi è venuta una domanda, perché c'erano tre signori vestiti da Banda Bassotti con i nomi di Tremonti e non ricordo chi al posto dei numeri di identificazione. Da lì scaturisce la mia domanda: per questo sistema in cui se non sei amico, fidanzato o appartenente al parentado di qualche potentucolo non ti fanno un contratto decente (e regolare), bisogna prendersela con il governo o con quelli che vanno in piazza a parlare dicendo che faranno di tutto per i propri lavoratori e che poi firmano accordi per aumenti – lordi – da 25-30 euro?
Solo che ora va di moda manifestare contro il governo, quindi vige la regola del “daje daje a Berlusconi!!”.

Io francamente mi sono un po' stancato di vivere in un paese – passatemi il neologismo - “berlusconicentrico”. Ma so che Berlusconi serve come e più del pane, e non solo ai suoi sostenitori.

Serve – forse anche di più che ai suoi sostenitori – ai suoi “antagonisti”. Serve a quei politici che da 20 anni applicano come unica politica l'anti-berlusconismo, ma che in 20 anni non sono riusciti a partorire una misera idea di come migliorare il paese (l'unica cosa che comprendono e che inizia con la P è poltrona...), serve ai “giornalisti dell'Anti-sistema”, che altro non sono che le valvole di sfogo del Sistema che credono – o ci fanno credere - di combattere (vedasi caso Santoro, con smentita annessa...) per la libertà e la giustizia nel paese ma che hanno come unico scopo quello di far soldi e mantenersi la propria poltroncina in questo o quel programma televisivo (è una forma di potentato anche quella, se ci pensate).

Berlusconi serve, alla fin fine, per dar da mangiare ad un sacco di gente. In particolare a quelli che urlano di volerlo mandare a casa. Ma quando questo si avvererà, quando veramente Berlusconi sarà fuori dai giochi (perché prima o poi capiterà voglio sperare, non sarà mica eterno come Andreotti?) tutti questi signori cosa faranno?

E quindi, per rispondere alla domanda con cui ho intitolato questo post, non solo noi “poveri cittadini” siamo vittime del “Sistema”, ma lo siamo anche dell'”Anti-Sistema”. E forse è anche peggio...