Premio Nobel per le intenzioni

Dicono che quando vuoi fare il giornalista devi separare i fatti dalle opinioni.
Dicono che quando vuoi fare il giornalista devi raccontare i fatti. Le opinioni devi tenertele per te.
E allora stiamo ai fatti:

Barack Obama ha vinto il Premio Nobel per la Pace.
E questo è un fatto. Senza ombra di dubbio.
Un fatto quantomeno controverso mi verrebbe da dire, perché se andiamo a vedere quegli altri, di fatti, quelli che ogni giornalista usa per controllare se quel che dice o scrive è vero, non so se questa notizia sia un fatto “oggettivamente condivisibile”.

Nel mondo, ad oggi, ci sono 25 conflitti attivi. Tra i tanti si contano le 38.500 vittime del conflitto afghano in 8 anni o le 50.000 tra la Russia e la Cecenia (10 anni), oppure le 301.200 vittime del conflitto del Darfur, Sudan, in “soli” 6 anni di conflitto.
Secondo i dati di PeaceReporter, dal 1948 (conflitto in Birmania, il più “vecchio” tra quelli indicati), ci sono state 3.425.000 vittime. È come se in 61 anni avessimo cancellato la Lituania!


Dicono che quando vuoi fare il giornalista devi separare i fatti dalle opinioni.
Che Barack Obama per ora sia più un fenomeno mediatico che non un fenomeno in campo politico però, non so se considerarlo come un fatto (se guardo alla destra americana) od un'opinione (mia). E qui mi riferisco – anche – al comportamento tenuto in merito alla riforma sanitaria (Internazionale di Agosto 2009). Ma questa è un'altra storia...

Io credevo che un premio Nobel – indipendentemente dalla categoria – si vincesse perché si era fatto qualcosa di importante. Che so, trovato il vaccino per l'Hiv, fermato una guerra, o qualunque altra cosa. Ecco, appunto. Tutte cose per cui prima le fai e dopo ricevi il premio.
Obama no. Per lui è diverso. Lui i premi li vince prima. Li vince “a prescindere”. Perché lui è “IL” presidente. Quello dell'”Yes we can” e del cambiamento mondiale. Che però, per ora, a me sembra un cambiamento ancora troppo teorico che pratico. D'accordo, diamogli ancora un po' di tempo perché non si può cambiare il mondo in un giorno, come dice una vecchia canzone dei Morcheeba “Rome wasn't built in a day”, quindi...


Dicono che quando vuoi fare il giornalista devi separare i fatti dalle opinioni.
E dopo aver espresso i fatti, si passa alle opinioni.
E' un'opinione, anche se sto iniziando a sentirla da parecchie “fonti”, che più che di “effetto Obama” si debba parlare di “Obaganda”. Cioè di una forma di propaganda mediatica che ruota intorno alla figura del “mitologico” 44° Presidente degli Stati Uniti d'America. Quegli stessi Stati Uniti che nella giornata di ieri, in Afghanistan, hanno ucciso 120 persone bombardando una festa in onore del loro presidente. Evidentemente volevano unirsi ai festeggiamenti, anche se lo hanno fatto in un modo alquanto originale.

E' un'opinione (o forse un fatto?) che ci siano persone che quel premio lo meriterebbero certamente più del Presidente americano. Per il semplice motivo che queste altre persone qualcosa di “fattibile” l'hanno già fatta: c'è chi tenta di aggiustare gli errori della guerra come Gino Strada con Emergency, c'è chi a 13 anni combatte contro il lavoro minorile in Pakistan e per questo viene assassinato. Iqbal Masih si chiamava. La sua storia ricorda un pò quella di Giuseppe Di Vittorio. Mi chiedo quanti ne abbiano mai sentito parlare. Mi chiedo quanti nel nostro paese, in un paese in cui si intitolano giornali ai “fatti” dando ovviamente solo quelli che sono più di comodo a portare avanti la propria politica, conoscano la storia sia di Iqbal che di Di Vittorio.
Ma anche questa, è un'altra storia...


Dicono che quando vuoi fare il giornalista devi separare i fatti dalle opinioni.
E credo sia un fatto abbastanza condivisibile ed oggettivo che il Premio Nobel per la Pace a Barack Obama sia più un “premio alle intenzioni” che non un vero e proprio “premio ai fatti”.