Sotto attacco dell'idiozia

«L'incredibile e intollerabile attentato della notte scorsa a Gay Street e' l'ennesima conferma che l'omofobia vive una reale escalation, non solo nei sempre piu' frequenti episodi di violenza, ma anche nelle forme, che sono delle vere intimidazioni, volte a innescare la paura negli omosessuali e transessuali italiani'. 'A questa violenza si impone una reazione, pacifica e di massa.
I violenti devono sapere di essere una miserabile minoranza, ne va del diritto di tutti a vivere in un Paese civile.»
[Anna Paola Concia]


Non capisco. Davvero non capisco cosa stia diventando questo paese. Più lo guardo e più non mi ci riconosco, più lo guardo e più mi fa orrore, paura. Paura di rendermi conto che è questo il vero volto dell'Italia. Il vero volto del mio paese. Xenofobia, servilismo al signor padrone di turno chiunque esso sia. Un paese in cui a fare la persona perbene devi quasi vergognartene perché “non sei conforme”, non ti adegui. Perché questa è l'Italia. Così è sempre stato e così sempre sarà. Un paese in cui se hai il cognome giusto fai carriera, e chissenefrega se non capisci niente di medicina, tanto il posto da primario di tuo zio, tuo padre o tuo nonno ce l'hai assicurato comunque! E se non hai il cognome giusto basta una bustarella. Tanto non fanno tutti così? Un paese in cui se non nasci “geneticamente adatto alla società” sei deriso, umiliato, picchiato. Che tu gay, di colore, disabile o in qualunque altra “maniera non conforme”. È questo il mio paese? È questo il paese che grandi uomini come Giuseppe Di Vittorio, come Gaetano Salvemini, Sandro Pertini, Aldo Moro e tanti altri sognavano mentre giorno dopo giorno lo stavano creando?

“Infastidito da effusioni accoltella due gay ”; “gay picchiati ed insultati a Rimini”; “Bomba carta nella via dei gay”.
Questi sono titoli di articoli degli ultimi giorni. Più li leggo e più mi assale un qualcosa che nemmeno io so bene come definire. Un senso di rabbia misto a delusione, perché quando ti rendi conto di vivere in un paese ex-civile, in un paese che ha svenduto quasi tutto quel che di buono aveva per un paio di tette e culi in televisione ti viene solo la voglia di andartene e mandarlo in malora questo maledetto paese.

Perché? La famosa domanda da un milione di dollari. Perché? Perché succede tutto questo? Perché in un paese che si definisce civile, due ragazzi che si amano non possono andare in giro mano nella mano come una coppia etero? Perché se sei un “macho”, se fai vedere che vai in palestra e fai il gradasso sei visto come uno “tosto” ma se non rispetti quello schema – indipendentemente che tu sia lgbtq o etero – sei considerato un vero e proprio scarto della società?

Machismo. Ecco uno dei grandi problemi socio-culturali di questo paese. È una delle parole più brutte che esistano. Ma non è tanto l'aspetto fonetico in sé che mi interessa, quanto il puro aspetto semantico. Cioè l'aspetto – come dice Ferdinand de Saussure – del significato di questo termine.

“Non sei un uomo se come un frate chiedi perdono. Non sei un uomo se a fare mazzate non sei buono. Non sei un uomo se tua moglia di te se ne fotte. Non sei uomo se.. se non la gonfi di botte. Non sei un uomo se non guidi le macchine grosse. Non sei un uomo se non guidi le macchine grosse.”


Canta quel genio di Caparezza. E mai canzone (“un vero uomo dovrebbe lavare i piatti”) è tanto perfetta per descrivere il machismo. Non so se sia dovuto ai 15-20 anni di decadimento dei costumi nazionali o se è una cosa che già avevamo ai tempi dell'unità formale dell'Italia (perché di quella sostanziale siamo ancora in attesa...), ma so che è ora di dire basta. È ora di far vedere che il “paese reale” - per citare la canzone degli Afterhours alla kermesse sanremese – non è quello dei naziskin. Il vero “paese reale” ha accettato le sue differenze sociali, culturali, etniche. E ne ha fatto un punto di orgoglio e forza. Il vero “paese reale” è quello capace di indignarsi non solo per i soprusi a cui ognuno di noi viene sottoposto quotidianamente sul proprio luogo di lavoro, a scuola o tra amici ma anche quello che sa scendere in piazza per difendere un diritto di tutti. Un diritto civile.

Come succederà venerdì 4 alle ore 18 in Piazza del Nettuno a Bologna, per un sit-in contro l'omofobia, la lesbofobia e la transfobia. E come si usava dire una volta: “accorrete numerosi” perché questo paese non è solo quello delle bombe carta e delle aggressioni. Ma è un paese migliore. Deve essere migliore. Ne va del nostro futuro!