I dinosauri sono (ancora) tra noi.

Prima di iniziare una piccola digressione.
Ieri sera gran bel risultato per noi “mariniani” (o “marinai”? Ancora non l'ho capito...) nel circolo di Mezzana a Prato (dove il sottoscritto sta imparando la politica...), siamo arrivati a soli 2 punti di distacco da Franceschini, lasciando Bersani a quota 21.
Ma Marino non era il “terzo uomo”? Secondo i risultati di Mezzana dovremmo parlare di “Primo uomo e mezzo”. Ma vabbé, vedremo con i dati nazionali (che per ora male non stanno andando...).
Ma veniamo all'articolo di oggi, che poi è legato alla serata di ieri.

Sì, perché durante le votazioni c'era da fare un piccolo dibattito, ed il sottoscritto ha parlato di “dinosauri”. No, niente velleità da Piero Angela, lo spunto mi è venuto da questo video. Take a look:




Robert Kennedy identificava la giovinezza come “quel momento che fa prevalere il coraggio alla timidezza."
Ed è proprio in quest'ottica – o meglio, nella sua ottica opposta – che si inseriscono i “dinosauri”. Perché il “dinosaurismo” non è una concezione anagrafica, bensì mentale, di capacità di adattarsi al futuro.
Perché è questo, secondo me, uno degli errori principali della Sinistra (faccio un discorso sicuramente più generale rispetto a quello che ho fatto ieri sera, che ovviamente doveva incentrarsi principalmente sul Partito Democratico).
Non essere riuscita a tenersi legata al futuro è stato “IL” problema.
Innanzitutto negli uomini. I dinosauri, appunto.

Quante volte abbiamo sentito la frase “l'operaio vota Lega Nord perché è stanco della sinistra”? Questo cosa significa? Che “l'operaio” è stanco della sinistra. E solitamente quando ci si stanca di una cosa vuol dire che la si considera vecchia, no? E quando si considera qualcosa “vecchio”, obsoleto, lo si sostituisce. Ora, se io operaio che ho sempre votato a sinistra non trovo le risposte che cerco “dalla mia parte” ho due possibilità: o non vado a votare oppure voto quelli che vedo, cioè la Lega. Perché – lo ripeto nuovamente – in politica bisogna parlare della gente con la gente. Peccato che la sinistra si sia dimenticata da molto tempo il con.

Un'altra affermazione che mi fa riflettere è che le domande del suddetto operaio da 15 anni a questa parte sono intercettate da Berlusconi e la sua combriccola. Eh no! Perché Berlusconi le domande della “gggente” (lo scrivo alla maniera di Sandro Curzi) non le ha solamente intercettate. Le ha create! Che è cosa decisamente peggiore!

Ma torniamo ai dinosauri. Molti di quelli che adesso si riempiono la bocca con la parola “rinnovamento” sono quelli che erano già sulla cresta dell'onda negli anni '70, personalità di tutto rispetto per carità, ma hanno fatto il loro tempo. Se andiamo a leggere le cronache della FGCI – cioè la Federazione Giovanile del PC – ritroviamo che a scannarsi per la poltrona allora come oggi c'erano due dei maggiorenti del PD. Uno – Veltroni – che spesso ha crisi mistiche (ed in Africa stanno ancora rallegrandosi per lo scampato pericolo...) e l'altro – baffetto D'Alema – che, grazie all'invenzione della mai tanto vituperata Bicamerale (1997) per non rendere Berlusconi una vittima ci ha portato dove siamo adesso. Per cui sarebbe anche l'ora che qualcuno ricordasse al padrone di Ikarus (certo, nel paese dei comunisti con le sciarpe di cachemire vuoi che non ce ne sia uno con la barchetta?) che è l'ora che si faccia da parte e dia spazio a chi capisce le domande della gente. Non perché più intelligente. Ma semplicemente perché ogni tanto stacca il sedere dalla poltrona!

Non c'è bisogno di una “rivoluzione”, anche perché, da quando ho sentito Brunetta definirsi rivoluzionario (il Che si starà rigirando nella tomba, poverino...) è una parola che evito di usare. C'è però bisogno di un vento nuovo all'interno del grande calderone della Sinistra. C'è bisogno di un vento di freschezza reale, non apparente come invece avviene nel “mio” PD in cui in queste primarie due dei tre candidati sono “del secolo scorso”. Non sarà mica il caso di chiuderlo il capitolo del “secolo scorso”?
Come si può – qui parlo con cognizione di causa – avvicinare gli anagraficamente giovani parlando il linguaggio di anni a noi sconosciuti? In particolare quando molti di questi anagraficamente giovani non eccellono certo nel campo intellettuale, proprio perché cresciuti a pane&Tv e non ci siamo mai posti il problema di usare il cervello. Com'è il detto? “Bastano la salute e un paio di scarpe nuove”, no? Ecco, contestualizzandolo su noi giovani direi “Bastano la salute e un paio di Ray-ban nuovi”, e la salute non è nemmeno la parte fondamentale...

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Pier Paolo Pasolini sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974, a proposito del Partito Comunista scriveva:
"Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, un Paese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese colto in un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico."
Ecco: questo è quel di cui parlo quando chiedo un “vento nuovo”. Un vento che ci permetta di andare in giro, parlare con la gente – che poi ci dovrebbe, secondo logica e speranze, anche votare – con una faccia “pulita”. Questo vuol dire principalmente che la sinistra – e qui, scusate se me la guardo solo “in casa” ma mi riferisco al PD, degli altri francamente poco me ne cale – deve riappropriarsi del termine legalità. Cosa che solo con “i giovani” è possibile. Noi giovani non siamo cresciuti leggendo le cronache di piazza Tienanmen, del comunismo dal volto umano di Vaclav Havel o di Solidarnosc. Siamo però cresciuti con miti come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno fatto di questa parola – legalità, appunto – non tanto un modo di lavorare. Ma un modo di vivere. Ed è quel che deve fare un partito che voglia considerarsi “altro” dal PdL. Come si può considerarci “nuovi” in accezione legalitaria quando Bassolino – che sarà anche un portatore sano di voti ma non è certo un santo – e quelli come lui sono ancora lì al loro posto (e tra l'altro Bersani ce li lascerebbe tranquillamente...)?

Io voglio cominciare a dire del PD quel che Pasolini diceva del PC. E lo voglio fare prima di considerarmi un dinosauro.

Perché io – rievoco di nuovo lo splendido film di Marco Tullio Giordana – non voglio andare via dal mio paese perché troppi di loro sono ancora al potere. Anche il Tirannosaurus Rex si è estinto, giusto?