Wahida, Malika e Dilbar. Roobina, Parveen e Lida. Sono i nomi di alcune tra le tante donne afghane che con la caduta del regime dei Taliban nel 2001 [5 dicembre, con gli accordi di Bonn dove si iniziò a parlare di governo di transizione] e l'elezione l'anno seguente di Hamid Karzai [diciamo che forse forse tanto "elezioni" non erano, ma vabbè, questa è un'altra storia...] hanno deciso che quel che avevano vissuto non sarebbe più successo. Nè a loro nè ad altre. Wahida (nella foto) - traggo da Repubblica- è un nome falso. La giovane madre venticinquenne che parla nascosta dalla sciarpa è una delle due donne sugli 850 operai che stanno costruendo, con fondi americani, la nuova centrale elettrica di Kabul. Ogni giorno viene al lavoro insieme a suo marito, Sahid. Ogni giorno riceve minacce di morte. "Sono le persone con cui lavoro. Sono anche Taliban certo, ma qualcuno qui dentro li aiuta", dice. Mentre parla arriva un sms, Wahida lo apre e poi mostra il telefono: "Vede? Anche ora. Dicono che mi uccideranno se continuo a lavorare. Ma io non mi fermo. Il nuovo Afghanistan ha bisogno delle sue donne. E i politici che parlano di dialogo con i Taliban dovrebbero ricordarselo". Malika, 25 anni e Dilbar, 20 anni sono poliziotte [fra gli 840 allievi del centro di formazione per poliziotti sono le uniche donne]. Malika ha scelto di sfidare i luoghi comuni in nome dei 100 dollari al mese del salario di poliziotta: sa che lavorare sarà difficile e sa che se, come si dice in giro, quelli che stavano con i Taliban torneranno al potere a Kunduz, per lei, che ha osato infrangere due barriere - schierandosi con la legge e mischiandosi con gli uomini - la vita diventerà un incubo. "Confido nel governo - dice timida - accetterò quello che faranno. Ma non posso credere che ci sacrificheranno, non di nuovo". Confida in quel governo che ieri - capeggiato da "fantoccio" Karzai - ha di fatto reintrodotto la sharia, che rispedisce all'inferno queste giovani e coraggiose donne. Perché? Perché quell'uomo "eletto" come leader del progetto afghano post-taliban [in realtà piazzato lì dagli americani...e si vede...] non ha il polso della situazione. Non ha più alcuna voce in capitolo in un paese dove le differenze con il periodo degli studenti di religione al potere iniziano a non essere poi così chiare."...la legge sancisce che le donne sciite non possono rifiutarsi di avere rapporti sessuali con il marito, che non sono autorizzate a uscire di casa o a cercare un lavoro senza il consenso di un uomo. Che non possono cantare o suonarein pubblico. Che le ragazze possono essere sposate a 16 anni e che esclusivamente al padre - ed in seconda battuta al nonno - è affidata la custodia e l'educazione dei figli." E' questo ciò che sancisce la legge voluta dal democraticamente eletto parlamento afghano e promulgata in fretta e furia da Karzai prima di volare in Olanda. Molte donne afghane si chiedono come mai la "comunità internazionale" non faccia niente per loro. Come mai l'Onu non si sia ancora mossa. Beh, io una risposta credo di averla, e come cantava la 99 Posse in una vecchia canzone dal titolo "Children ov Amilov"...l'Onu si sta là, tanto ci sta poc' 'a magna!!" [credo non vi sia bisogno di traduzione no?]. L'Onu non fa niente perché, capeggiata dagli americani, destituire Karzai e sconfiggere realmente i signori della guerra locali [e non accordarsi con loro come hanno (di nuovo) fatto...] vorrebbe dire ammettere la sconfitta. Hillary Clinton ed il nostro Ministro degli Esteri Frattini [per una volta beccato in Italia...] hanno garantito che i diritti delle donne afgane sono una priorità per la comunità internazionale e che non verranno messe da parte...E francamente - visti anche i risultati - non so se sia una promessa od una minaccia.